Torna al blog

Ungheria silenziosa: bavaglio alle opposizioni nel cuore dell'Europa

Post Cover - Ungheria silenziosa: bavaglio alle opposizioni nel cuore dell'Europa

Come Viktor Orban ha eroso le libertà di stampa ed espressione in Ungheria, in opposizione ai principi cardine dell'Unione Europea e dello stato di diritto.

 

Da quando Viktor Orban è tornato al potere nel 2010 (egli ricoprì l'incarico di primo ministro già dal 1998 al 2002) lo stato di diritto in Ungheria si è progressivamente eroso. L'allontanamento dai valori della democrazia liberale ha allarmato gli stati membri e le istituzioni dell'Unione Europea, tant'è che il 12 settembre 2018 il Parlamento Europeo  ha chiesto al Consiglio Europeo di verificare se l'Ungheria stesse violando i princìpi fondamentali sanciti dall'articolo 2 del Trattato sull'Unione Europea [1].

In particolare, desta molta preoccupazione la riduzione delle libertà di stampa ed espressione. Queste sono due delle libertà fondamentali che caratterizzano qualsiasi democrazia liberale. Infatti, esiste uno stretto legame tra queste libertà ed elezioni libere e competitive. Senza pluralismo degli organi d'informazione – che è possibile solo  se le suddette libertà sono riconosciute e tutelate – non c'è democrazia in quanto l'elettorato viene influenzato da un'informazione molto parziale e filo-governativa. Quindi, la repressione delle libertà di stampa ed espressione da parte delle fazioni politiche al governo è funzionale al consolidamento della loro presa sul potere.

Visto quanto deciso a Budapest negli ultimi giorni, vale la pena approfondire il caso ungherese per comprendere in che misura Orban sta attentando ad alcune delle libertà fondamentali della democrazia liberale. Negli ultimi anni innumerevoli organizzazioni non governative – in particolare organizzazioni che si occupano di monitorare la tutela delle libertà di stampa ed espressione – governi ed istituzioni hanno denunciato le crescenti difficoltà che gli organi d'informazione indipendenti ungheresi incontrano nel tentativo di far sentire la loro voce.

L'Ungheria occupa l'87° posto su 180 nella classifica annuale redatta da Reporter senza frontiere (Rsf) che valuta i paesi in base a quanto rispettano la libertà di stampa. Impressionante la caduta libera che il paese ha avuto da quando Orban è tornato al potere. Nel 2009 (l'anno prima del ritorno di Orban) l'Ungheria era al 25° posto, nel 2013 al 56°, poi tra 2018 e 2019 un tracollo di 14 posizioni (da 73 a 87). Rsf nota che “la proprietà degli organi d'informazione ungheresi è sempre più concentrata nelle mani degli oligarchi alleati con il governo ultranazionalista del primo ministro Viktor Orban, con il risultato che  negli ultimi anni il panorama mediatico è stato trasformato”. Inoltre, “i principali organi d'informazione hanno dovuto chiudere, mentre l'indipendenza editoriale di altri è stata minacciata dalla presenza di oligarchi filo-governativi nei consigli d'amministrazione, tra gli azionisti o nelle istituzioni finanziarie che li sostengono” [2].

Tra il 25 e il 27 novembre 2019 alcune organizzazioni che si occupano di monitorare la libertà di stampa hanno svolto una missione di monitoraggio in Ungheria. Durante la loro permanenza le delegazioni si sono confrontate con giornalisti ungheresi provenienti da tutto il paese ed esponenti di associazioni della società civile. Inoltre, hanno incontrato Zoltán Kovács, portavoce internazionale del governo, e Gergely Karácsony, sindaco di Budapest.

Le conclusioni a cui è giunta la missione sono preoccupanti. Le organizzazioni, tra le quali vi era anche Rsf, confermano la concentrazione della proprietà degli organi di informazione nelle mani del governo “o direttamente o attraverso investitori filo-governativi”. “Una ricerca indipendente mostra che circa l'80 % del mercato delle notizie di politica e attualità “è finanziato da fonti decise dal partito di governo (cioè Fidesz, il partito di Orban, nda)”. Questa cifra include i media privati filo-governativi e i media pubblici. I media filo-governativi hanno un quasi monopolio nei settori dei quotidiani cartacei e della radio e dominano anche il settore televisivo, specie se si tira in ballo l'emittente pubblica. Sulla carta, il settore online è più bilanciato ma il raggio dei media online non va oltre le zone urbane” si legge nel rapporto della missione.

I due principali quotidiani ungheresi - Népszabadság e Magyar Nemzet – hanno chiuso i battenti, rispettivamente nel 2016 e nel 2018. Da allora “all'Ungheria è rimasto un solo quotidiano politico indipendente, Népszava, con una tiratura di 20 mila copie. Al contrario, il network di quotidiani regionali controllati dal governo arriva da solo a 200 mila copie”. Nei settori radiofonico, televisivo e della carta stampata esiste una manciata di organi d'informazione indipendenti che deve “competere contro decine di organi di stampa filo-governativi, molti dei quali sono supportati facendo ricorso a pratiche distorsive oppure si uniscono tra loro per dominare il mercato”.

La situazione è particolarmente grave nelle zone rurali, fuori dalle città. “Molti giornalisti hanno detto che mentre si guida in queste zone è impossibile trovare frequenze radio che non emettano notizie filo-governative. Tutti i quotidiani regionali sono sotto il controllo governativo”.

Per mettere i bastoni tra le ruote degli organi d'informazione indipendenti il governo ricorre all'arma pubblicitaria. “La pubblicità di stato è stata usata come arma per finanziare i media filo-governativi e costringere alla chiusura quelli indipendenti. Questi ultimi sono quasi completamente esclusi dai benefici della pubblicità di stato, ciò contribuisce ulteriormente a distorcere le dinamiche competitive, intaccando anche la sostenibilità del mercato. Nel 2018, per esempio, l'emittente filo-governativa TV2 ha ricevuto il 67 % della pubblicità di stato per il settore televisivo, mentre l'indipendente RTL Klub, di dimensioni simili, ha ricevuto solo l'1 %. Questo squilibrio si riflette in tutti i settori dell'informazione”. Le aziende private, sia ungheresi che straniere, spesso rinunciano a farsi pubblicità attraverso gli organi d'informazione indipendenti. “Non è completamente chiaro se ciò sia dovuto a pressioni dirette oppure ad auto-censura per timore di ritorsioni economiche da parte del governo”.

Inoltre, i giornalisti indipendenti vengono discriminati dalle istituzioni dello stato quando cercano di accedere alle informazioni, per esempio vengono esclusi dagli eventi pubblici senza un valido motivo, mentre i funzionari pubblici collegati col partito di governo spesso si rifiutano di concedere loro delle interviste. Per giunta, sono delegittimati dai media filo-governativi, venendo etichettati come “attivisti politici d'opposizione, agenti stranieri, traditori, persino “anti-ungheresi” o “non-ungheresi””.

Infine, la regolamentazione e il controllo del settore dell'informazione è competenza di un organo – il Consiglio dei Media – che è di nomina governativa. Esso è composto da cinque membri, tutti appartenenti al partito di Orban.

Le delegazioni della missione hanno intervistato Zoltán Kovács, portavoce del governo, il quale “ha negato l'esistenza di problemi riguardanti la libertà di stampa e il pluralismo mediatico. Ha affermato che non è compito dei media controllare il potere e ha descritto i giornalisti indipendenti come attivisti politici. Ciò è in linea con lo sforzo operato dal governo per ridurre il giornalismo al ruolo di comunicare all'opinione pubblica solo le informazioni che esso vuole”.

Il documento si conclude con una denuncia e un appello rivolti all'Unione Europea, considerata in parte responsabile di quanto è accaduto e sta accadendo in Ungheria. È evidente che le istituzioni europee hanno fatto troppo poco per evitare che la situazione in Ungheria degenerasse. Lo stesso vale per gli stati membri e per i partiti politici che siedono nel Parlamento Europeo, in particolare il partito popolare europeo (Ppe) di cui Fidesz fa parte. Le ultime righe del documento consistono in un appello al governo ungherese che, visto quanto accaduto negli ultimi giorni, non è stato minimamente preso in considerazione [3].

In Ungheria esistono degli organi d'informazione indipendenti che criticano il governo, ma sono pochi, sempre di meno, e sono indeboliti da un lato da una legislazione pensata per sfavorirli, dall'altro da una competizione che non risponde a logiche di mercato ma politiche. Come se tutto quanto scritto non bastasse, le misure approvate lo scorso 30 marzo dal parlamento ungherese, che conferiscono poteri eccezionali ad Orban, danneggiano ulteriormente delle libertà di stampa ed espressione già violentate.

 

Massimiliano Palladini

CIVITAS EUROPA - Divisione Relazioni Internazionali

 

 

[1]    “Stato di diritto in Ungheria: il Parlamento chiede all'UE di agire”, europarl.europa.eu, 12 settembre 2018. Ultimo accesso 2 aprile 2020.

[2]    Per la relazione di Rsf sulla libertà di stampa in Ungheria nel 2019 vedere il seguente link: https://rsf.org/en/hungary . Per la classifica Rsf del 2009 vedere il seguente link: https://rsf.org/en/world-press-freedom-index-2009 . Ultimo accesso ad entrambi i link 2 aprile 2020.

[3]    “Conclusions of the joint international press freedom mission to Hungary”, rsf.org, 3 dicembre 2019. Ultimo accesso 2 aprile 2020.

Torna al blog