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Ucraina, cronaca di una crisi

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La crisi russo-ucraina è oramai all’ordine del giorno: le minacce russe sembrano più che semplice deterrenza, Putin dà l’idea di fare sul serio e le preoccupazioni dei leader dei principali Paesi (europei e non) sono reali. Tutto nasce (per quanto riguarda i fatti moderni, dato che altre ragioni le ritroviamo anche prima) a febbraio del 2014, quando il movimento Euromaidan decise di cacciare il presidente filorusso Viktor Yanukovich, reo di aver fatto dietro-front sull’integrazione europea e l’avvicinamento di Kiev e Bruxelles. In seguito al colpo di Stato si instaurò un governo filoeuropeo che né riuscì a mantenere buoni i rapporti con Mosca, né tantomeno, vista la forte matrice ultranazionalista, riuscì ad avvicinarsi concretamente all’Unione. La risposta di Putin fu chiara e celebre: la Crimea venne annessa e i separatisti del Donbass (soltanto in una fase successiva, però) vennero esortati a dar vita al conflitto che abbiamo tristemente imparato a conoscere (con tutto quello che ne è poi scaturito). Avendo una quantità di confini indifendibili, Mosca teme di perdere ancor più influenza di quella che ha già perso sulle ex repubbliche sovietiche, vedendo poi il controllo Nato sempre più vicino a Mosca, uno smacco a quanto pare inaccettabile. Senz’altro i rapporti tra la NATO e i russi non sono migliorati quando a luglio, sempre del 2014, un missile terra-aria di costruzione russa abbatté nello spazio aereo ucraino un volo della Malaysian Airlines, uccidendo i 298 passeggeri a bordo. La diplomazia ha poi di nuovo cercato di calmare le acque con il “cessate il fuoco” tentato dagli Accordi di Minsk del 2015 tra Germania, Francia, Ucraina e Russia, ma senza successo.

Il discorso si centra adesso su questioni contingenti, ma è innegabile che tutto ruoti attorno a un motivo ben più ampio e senz’altro più antico e strutturato: alla Russia chiaramente non andò mai giù lo scioglimento dell’Unione Sovietica e ogni tipo di avvicinamento degli Stati che ne facevano parte (in particolar modo Bielorussia, le tre Repubbliche baltiche, la Moldavia e la stessa Ucraina) al blocco militare atlantico (la NATO) sarebbe stato visto come un forte tradimento, oltre che come un irreparabile affronto. Ed è proprio ciò che ha fatto andare su tutte le furie il presidente russo. Le intenzioni dell’Ucraina sono chiare: le nuove generazioni sono molto più filoeuropee del passato e questo alla vecchia guardia non piace. Insomma, la risposta russa (fresca del rinnovo dell’alleanza con Xi Jinping) non si è fatta attendere: carri armati, convogli che trasportavano missili e un’infinità di uomini in poco più di tre settimane hanno quasi completamente accerchiato l’Ucraina, dando via, come riporta La Repubblica, al rischio di escalation più grande degli ultimi settant’anni. “I mezzi in Bielorussia servono per alcune esercitazioni, nient’altro” avrebbe detto il Cremlino. Più o meno, dato che i mezzi non vennero visti in campi di addestramento, ma in campi temporanei di lancio a soli sessanta km dal confine ucraino; altri media filogovernativi bielorussi, stando al quotidiano HuffingtonPost, hanno pubblicato filmati di un convoglio di artiglieria missilistica in arrivo a Yelsk, a meno di 20 km dal confine bielorusso con l’Ucraina.

La NATO, sin dall’inizio (per ovvi motivi), si è schierata a favore delle istanze di Kiev minacciando Putin di pesanti ritorsioni in caso di invasione in Ucraina, dopo che quest’ultimo minacciò pesantemente Kiev nel caso in cui fosse entrata nel patto “occidentale”. Più di quarantamila militari Nato sono stati chiamati in causa in caso di emergenza, con oltre novemila soldati USA vicini al confine. Anche le repubbliche baltiche sono pronte sul confine sotto il comando francese, la Turchia è pronta a fornire supporto attraverso droni e gli inglesi pronti con lanciarazzi anti-tank. Inoltre, in mare, una eventuale risposta sarebbe pronta con le marine danesi e gallesi (Il Mattino). Sempre riportando una stima delle principali testate giornalistiche, le forze russe, in totale, si aggirano attorno al milione di soldati, con poco più di due milioni di riservisti; le forze ucraine contano duecentomila soldati e novecentomila riservisti; le forze Nato invece inizialmente mandano quarantamila soldati, ma hanno più di tre milioni di riservisti. È vero, le forze russe hanno oramai accerchiato l’Ucraina con più di 130.000 soldati, ma la risposta Nato non è da meno, anzi. L’Ucraina da sola sarebbe spacciata, avendo molti meno uomini, molti meno mezzi ed avendo una flotta navale spaventosamente inferiore rispetto alla potenza russa.

Gli schieramenti sono pronti, la paura è tantissima e l’Europa in tutto ciò ha solo da perderci. Nonostante il rapporto col gigante russo abbia sempre avuti pochi alti e molti bassi, non ci si può inimicare più del dovuto il Cremlino, Cremlino che ha un importante potere di ricatto: le prime concatenazioni di eventi sono dimostrabili, per esempio, dallo spaventoso aumento delle bollette che gli italiani hanno dovuto affrontare in questo periodo. Questa è solo una parte delle problematiche che ci saranno, dato che il costo economico e il costo in vite umane sarebbe pesantissimo, costo che andrebbe poi solo a peggiorare questo cupo periodo di Covid. Ecco, se c’è una lezione che l’Europa dovrebbe imparare da questa crisi è senz’altro una: non si può ancora dipendere così tanto dalla Russia (e da altri paesi in generale per ogni materia prima) per il gas o per altre fonti di interesse generale. Ciò complica il potere diplomatico europeo e dà la possibilità di tenere sotto scacco Bruxelles, ed è semplicemente inaccettabile se vogliamo avere voce in capitolo.

I media, in questi giorni, stanno mostrando scene surreali: soldati ucraini che vanno nelle farmacie, nelle scuole e negli uffici pubblici a reclutare quante più persone possibili, dato che le forze armate sono in un numero molto basso rispetto alle truppe russe; vediamo nonne e bambini che impugnano pistole e fucili, scene che francamente non avremmo mai e poi mai pensato di vedere. Inoltre, diverse ambasciate hanno esortato i propri cittadini a lasciare il paese per precauzione, tra cui quella italiana. I colloqui multilaterali con Mosca da parte di Macron, Scholz, Biden e Johnson non si sono fatti attendere, toccando anche toni accesi. E, se in un primo momento sembrava che Putin fosse riluttante nello scendere a compromessi, è notizia recente quella che vede un iniziale ritiro delle truppe russe dal confine ucraino. Infatti, stando alle principali testate giornalistiche, sembra che Mosca abbia accolto di buon grado la richiesta-intimidazione di Biden di aprire un dialogo. L’inviato di Mosca in Europa, infatti, assicura come non ci sarà alcun attacco russo nel prossimo mese, quando da tempo si indicò il 16 febbraio come data dell’inizio dell’invasione. E mentre è stato fissato un summit del G7 per decidere misure riguardo la questione, la Nato sembra non fidarsi delle parole russe, sostenendo invece come gli ex sovietici stiano continuando ad ammassare truppe al confine. Zelensky (presidente ucraino), infatti, ha poco fa sostenuto come non ci sia stato alcun ritiro.

Cosa significa allora? Qual è la strategia adottata da Mosca? Anche il direttore della diplomazia europea Borrell sembra cauto, sostenendo come ad ora ci siano solo dichiarazioni non seguite da fatti. Forse Putin ha capito come ingaggiare uno scontro così sfrontato possa portare solo distruzione e perdite ad ambo le parti, ma soprattutto a Mosca. Chiaramente, le truppe Nato non entreranno mai a Kiev: l’Ucraina non fa parte della Nato e un intervento delle truppe dell’Alleanza Atlantica si tradurrebbe in una quasi certa Terza Guerra Mondiale, stando alle parole del presidente americano Biden, uno scenario impensabile. La risposta atlantica è: “più minacci di invadere Kiev, più ammassiamo truppe al confine”. Chiaramente, se l’Ucraina facesse parte della Nato, le dinamiche sarebbero diverse, ma ad ora nessuno Stato è pronto a un rischio tanto alto. E mentre la Turchia si candida ufficialmente a mediatore della crisi, invitando le due parti ad accettare un summit pacificatorio ad Ankara (Kiev ha già confermato), le domande su questa “inaspettata” de-escalation russa si susseguono. Mosca vuol forse far finta di ritirare le truppe per poi attaccare di sorpresa? Sarebbe praticamente impossibile visto il forte controllo al confine, oltre che la grande diffidenza da parte della Nato. Mosca ha forse capito quindi che ingaggiare un simile scontro sarebbe dannoso? Può essere: sicuramente l’ultima cosa che vuole è lasciare che l’Ucraina cada definitivamente sotto l’egida dell’Alleanza Atlantica senza un prezzo, soprattutto dopo aver visto la semplicità con cui nel 2014 invase la Crimea “in aiuto della popolazione russofona”. Insomma, i dubbi sono tanti e sembra impossibile che la politica estera russa possa cambiare rotta in così poco tempo. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni.

 

CIVITAS EUROPA - DIVISIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Omari Yazidi

 

Fonti

"Ucraina-Russia, Zelensky, "Non vediamo ritiro di Mosca", corriere.it, 17 febbraio 2022, https://www.corriere.it/esteri/22\_febbraio\_16/ucraina-russia-ultime-notizie-oggi-diretta-f885d926-8efa-11ec-af55-d575edc6dd9d.shtml.

"Crisi Russia-Ucraina: schieramenti, Occidente diviso, prezzi, conseguenze, ruolo dell'Italia in 5 domande", ilmattino.it, 14 febbraio 2022, https://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/ucraina\_russia\_guerra\_quando\_crisi\_prezzi\_gas\_italia\_nato\_putin-6503525.html.

"Crisi Ucraina, diplomazia al lavoro. Kiev: "Ad oggi nessuna minaccia di invasione russa", rainews.it, 25 gennaio 2022, https://www.rainews.it/articoli/2022/01/ucraina-diplomazia-al-lavoro-blinken-gravi-conseguenze-se-la-russia-sceglie-il-conflitto-dfe8e4a4-867a-426b-a2a8-58e87535c407.html.

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