Ripercorrendo il processo di integrazione - Parte tre: "L'integrazione inciampa: la CED e l'anno 1956."
Nella terza parte della rubrica sulla storia dell’integrazione, ci troviamo a trattare del primo grande inciampo nel processo e le incertezze di un anno travagliato per l’Europa, il 1956.
La CED: il mancato sogno di un esercito comune europeo. Una prima battuta d’arresto per il processo di integrazione.
L’ottica funzionalista proiettava la costruzione di un esercito europeo. La guerra di Corea e la minaccia rappresentata dall’URSS di Stalin spingevano gli europei all’ipotesi di unificare i propri sforzi allo scopo di porre un freno ai venti e le derive provenienti dall’Est. La proposta fu ispirata dall’allora Segretario di Stato degli USA, Dean Acheson, il quale aveva ideato la forward strategy che consisteva nell’armare le divisioni tedesche da inserire in un comando integrato sotto la supervisione dalla NATO. Questo comando avrebbe avuto lo scopo di difendere linea dell’Elba. In seguito, preoccupati per il riarmo tedesco, Schuman e Monnet si fecero avanti disegnando il Piano Pleven che prevedeva la costituzione di un esercito europeo.
Nel frattempo, Parigi affrontava un dilemma: da un lato, il sentimento antitedesco della popolazione manteneva il governo sotto pressione e, dall’altra parte, i francesi provavano il bisogno di sentirsi rassicurati dalla tutela militare statunitense. Il dilemma francese sarebbe stato sbloccato da un ultimatum di Washington. O il governo francese accettava la presenza di un comando integrato insieme ai tedeschi, oppure si sarebbe conformato un esercito indipendente nella Repubblica federale tedesca.
I lavori sono iniziati sempre a Parigi nel 1951. Il VI governo De Gasperi ebbe un ruolo alquanto attivo nella promozione della difesa unica. Sposando la visione federalista di Altiero Spinelli, De Gasperi imprese una svolta in chiave federalista alla discussione proponendo di affiancare l’esercito europeo con un Parlamento eletto a suffragio universale.
Nell’articolo 38 del Trattato si disponeva un’assemblea per la gestione dell’esercito, la quale avrebbe dovuto discutere la stesura di una costituzione e la formazione di una Comunità Politica europea. Presentato nel marzo del 1953, il progetto della Comunità Politica europea prevedeva l’istituzione di un sistema parlamentare bicamerale nel quale la Camera sarebbe stata eletta a suffragio universale diretto mentre i membri del senato sarebbero stati nominati dai parlamenti nazionali. La Camera sarebbe stata composta da 268 deputati mentre i senatori sarebbero stati 87. Il potere esecutivo della Comunità sarebbe stato composto da Consiglio esecutivo e da un Consiglio dei ministri. Per ultimo, la Corte di Giustizia avrebbe ricoperto il ruolo del Potere giudiziario. Agli organi della CPE spettavano funzioni direttive sul campo della difesa e delle relazioni internazionali oltre a un ruolo di coordinamento in ambito economico e finanziario.
Conclusi i lavori, il Trattato fu firmato il 27 maggio 1952 dai sei membri della CECA ma il cammino era ancora lungo. Per entrare in vigore, la CED doveva seguire il rito di ogni trattato internazionale: essere discussa e ratificata da parlamento in parlamento.
Nel frattempo, a Roma la situazione era tutt’altro che rosea. Come accade spesso in politica nazionale, la ratifica del Trattato subì profonde dilazioni all’interno del Parlamento italiano e neppure le pressioni del Segretario di Stato statunitense Dulles furono sufficienti per agevolare l’approvazione del Trattato. Pur di ottenere l’approvazione della CED, De Gasperi cercò persino di mettere sul tavolo l’allora irrisolta questione di Trieste come contropartita ma senza esito positivo. D’altra parte, nel 1953, il dibattito interno era stato assorbito dalla logorante discussione sulla legge elettorale denominata Legge Truffa dalle opposizioni. Sconfitto nell’ultima battaglia per un’Europa federale, De Gasperi morì il 19 agosto 1954, esattamente 11 giorni prima della bocciatura della per mano dell’Assemblea nazionale francese.
In quel giorno l’Assemblea nazionale francese respinse il Trattato con 319 voti contrari e 264 favorevoli. Parigi rinvierà la discussione senza fissare una nuova data. Questa mancata ratifica impedirà l’entrata in vigore del Trattato. Con esso, viene abbandonato anche il progetto della Comunità Politica Europea (CPE) elaborato dall’Assemblea ad hoc della CECA e presentato il 10 marzo 1953[1].
Dopo la mancata ratifica del Trattato della CED si cercò di far ripartire il processo di integrazione attraverso l’abbandono della via gradualista in favore di un percorso apertamente politico. Si scelse di riorganizzare il progetto europeo intorno agli interessi economici degli Stati. Il processo di integrazione sarebbe ripartito senza spinte di tipo federalistico.
Per i funzionalisti, l’abbandono della via graduale verso l’integrazione e l’adozione di una concezione apertamente politica aveva rappresentato un insuccesso. Per i sostenitori dell’approccio funzionalista, questa era l’opportunità per riprendere il percorso verso l’integrazione a partire da un intreccio di vincoli economici e commerciali che garantissero, nel più lungo periodo, l’unificazione europea.
In questo senso, il Congresso tenutosi tra il 1° e il 3 giugno del 1955 a Messina rappresentò un’occasione di rilancio per il progetto comunitario. In essa, i Ministri degli Esteri dei sei membri della CECA diedero vita a un Comitato intergovernativo presieduto dall’allora ministro degli Affari Esteri del Belgio, Paul-Henri Spaak. Da questo Comitato è nato l’accordo formalizzato dei Trattati di Roma che sarebbero stati firmati due anni dopo.
Il 1956. Un anno di cesure e fratture.
Il 1956 avrebbe portato con sé alcuni mutamenti che, in un modo o nell’altro, condizionarono il processo di integrazione. Eventi come il XX congresso del PCUS – tenutosi a tre anni dalla morte di Stalin – e l’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS rappresentarono delle cesure fondamentali per un’Europa che si trovava a così pochi chilometri dalla cortina di ferro. Se da un lato Chrusciov aveva posto fine al Comunismo di guerra, dall’altro, lo stesso leader sovietico poneva fine alla tesi del Comunismo in un solo Paese. Questo dettaglio affacciava con sé la ripresa di una vocazione globale del Comunismo e, dunque, l’acuirsi della guerra fredda malgrado l’annuncio di una possibile coesistenza pacifica da parte dello stesso Chrusciov.
Il riformismo di Chrusciov portava con sé delle contraddizioni e ambivalenze che avrebbero provocato non poche incertezze per il blocco occidentale. Si sapeva poco di quest’uomo che, dopo essere stato connivente con il regime di Stalin, aspetta la morte di quest’ultimo e chiama improvvisamente un Congresso per denunciarne i crimini. Pochi mesi dopo, lo stesso Chrusciov che si era mostrato almeno più benevolente di Stalin durante il XX Congresso del PCUS, ordinava l’invasione di Budapest per non farsela sfuggire dalla propria orbita. Tra fine ottobre e inizio novembre furono uccisi circa 2.700 ungheresi nel cuore dell’Europa.
A livello interno, questi eventi portarono a un progressivo distacco tra il PSI e il PCI il cui dissidio contribuì a radicalizzare il dibattito politico italiano. Con il XX Congresso del PCUS si aprirà alla possibilità di una coesistenza pacifica tra i due Blocchi e si dimostrerà che il Comunismo internazionale era costituito da un fronte monolitico. Le reazioni con Pechino e Tirana ne erano la prova. Questa avrebbe potuto renderlo più debole, più pericoloso o semplicemente più confuso. L’Europa occidentale non sapeva cosa aspettarsi con precisione dal blocco orientale.
Un altro evento che servì decisamente a incentivare il processo di unificazione fu la Crisi di Suez, la quale costituì una battuta d’arresto definitiva per ogni lascito di espansionismo da parte delle potenze europee. Pur essendosi dimostrati militarmente superiori, Parigi e Londra uscirono politicamente sconfitti da un Nasser che seppe affrontare a testa alta sia loro che lo stesso Israele. Bacchettati da Washington, francesi e inglesi si sentirono come due bambini mandati dal genitore nella propria stanza. All’indomani di quella lunga notte, francesi e inglesi erano più consapevole di sé, si riconoscevano più fragili di prima e, dunque, più bisognosi di un’Europa unita.
In sostanza, il 1956 fu un anno caratterizzato da profondi sconvolgimenti che segnarono l’andamento della Politica mondiale. Con il XX congresso del PCUS nacquero delle speranze revisionistiche che però sono state annientate con l’invasione all’Ungheria. La mancata reazione degli Stati Uniti all’evento – insieme alla crisi di Suez – avrebbe riaffermato gli equilibri di Yalta. Compressi tra i due giganti, i paesi dell’Europa occidentale ricercarono il modo di restituire un nuovo impulso al processo di integrazione.
Estefano Soler
CIVITAS EUROPA - Divisione Relazioni Internazionali
Note:
[1] Per sapere di più si veda Un’Unione di Diritto: da Parigi a Lisbona. Panoramica storica dei trattati dell’Unione europea. Raccolta archivio, Segretariato generale del Consiglio. Marzo 2012.
Torna al blog