Torna al blog

Rielezione Von der Leyen: la confusione del Centrodestra italiano

Post Cover - Rielezione Von der Leyen: la confusione del Centrodestra italiano



Chissà cosa direbbero Altiero Spinelli ed Enrico Rossi sull’atteggiamento della classe politica italiana in occasione della rielezione di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione europea per un secondo mandato. Non considererebbero neanche i nomi di candidati come Elly Schlein, che si sono fatti eleggere a Strasburgo senza neppure andarci: perché l’europeismo – se finto, strumentale e inautentico – fa più ribrezzo del sovranismo stesso. Lo aveva già detto Romano Prodi, il cui monito è rimasto disatteso.

_Spinelli e Rossi si limiterebbero però a parlare di quanto avvenuto martedì 18 luglio; di chi a Strasburgo c’era. E se la sarebbero un po’ presa con il Centrodestra: non tanto per l’incompatibilità ideologica che intercorre fra gli autori del Manifesto Ventotene e l’odierna maggioranza italiana, quanto per il dilettantismo messo in pratica dal giorno dell’elezione all’Europarlamento a martedì 18 luglio.

A cominciare dallo sparpagliarsi in diversi gruppi pur facendo parte del medesimo governo a livello nazionale: Fratelli d’Italia ingessata nel gruppo dei Conservatori e riformisti, che non ha raggiunto un accordo con Von der Leyen e nessun altro risultato alle trattative; la Lega, che gioca il proprio consenso attorno alle posizioni revisioniste del generale Roberto Vannacci già ridimensionato all’interno del gruppo dei Patrioti; Forza Italia, che sogna il consenso dei moderati – esistono? – restando fedeli al Partito popolare europeo con Antonio Tajani quale punto di riferimento.

Tutti loro stranieri a Strasburgo: li accomuna lo smarrimento riguardo a logiche ben diverse da quelle che prevalgono nel teatro politico nazionale. Tant’è che c’è, tra di loro, chi è uscito dalla seduta parlamentare parlando di «inciucio», di non osservanza «al voto del popolo», di congiura «tra i perdenti» e via dicendo._

Sarebbero rimasti perplessi, Spinelli e Rossi, dinanzi al via vai di politici che si fanno eleggere in Europa, in regime parlamentare e con un sistema proporzionale e ne parlano come se si trattasse del presidenzialismo statunitense; non hanno ancora ottenuto il premierato in Italia, ma l’hanno già esportato altrove.

Il dramma è che nulla di tutto questo ha minimamente inciso sul risultato. A Von der Leyen servivano 360 voti: ne ha ottenuti 401 senza Fratelli d’Italia.

Un dato che spazza via l’illusione di contare che si era rafforzata in Giorgia Meloni durante il G7 in Puglia. È stata invece evidenziata la scarsa capacità di costruire alleanze, di portare a casa delle nomine di peso. Se occorreva fare una scelta: era più importante questo test e non il G7, rimasto un summit più cerimoniale che politico.

Più che evocare l’«inciucio», andrebbero ristudiate le dinamiche della politica stessa: meglio una minoranza organizzata e agile e non una maggioranza incapace, ingessata; meglio una minoranza con le idee chiare anziché una maggioranza disordinata e senza contenuti, al di là degli slogan come l’«Europa degli Stati» e altre invenzioni.

Toccherà, e conviene anche a loro, cominciare a occuparsi dei problemi anziché restare in campagna elettorale permanente. E va fatto subito, perché pesano sull’agenda i dossier riguardanti i rapporti con la Russia e la fine dell’era di dipendenza dai combustibili fossili, il conflitto a Gaza e l’eventuale soluzione a due stati, la transizione ecologica e il taglio delle emissioni del 90% entro il 2040, il rapporto con gli agricoltori, la salute mentale dei giovani nell’era del mondo digitali e il Green deal europeo, con il piano sul Clean industrial deal.

Si parla anche di «fondo europeo per la pace» ricordando che quest’ultima «non è mai stata scontata», ma «qualsiasi illusione è stata infranta dalla guerra di aggressione di Putin in Ucraina» sottolineando che «la nostra determinazione collettiva deve essere tanto forte quanto grande è la sfida». E la sfida è assai grande per l’Europa, che potrebbe trovarsi più sola nel cammino dopo novembre: quando gli Stati Uniti eleggeranno un nuovo presidente. D’altronde, le parole avvincenti di Von der Leyen non combaciano con la subalternità economica e militare nei confronti degli Usa. O si impara a camminare con le proprie gambe, o la paralisi è certa.

Stefano Soler Tamburrini

Torna al blog