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PAC, vantaggi e svantaggi per l'Italia a 60 anni dalla sua introduzione

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Sappiamo che l’Italia ha beneficiato della Politica Agricola Comune (PAC) in termini di autosufficienza alimentare: quali sono stati i vantaggi per i produttori e per i consumatori italiani dal 1962 ad oggi e, più in generale, le esternalità positive di tale provvedimento in Italia?

È noto che la PAC, purtroppo, ha avuto anche delle esternalità negative in Italia e le principali sono tre: eccedenze alimentari, inquinamento acqua/terreni e creazione di un sistema eccessivamente protezionistico, ossia troppo assistito dalle istituzioni. Come siamo arrivati a questo punto (considerando solo le tre esternalità negative di prima) e quali sono stati gli sviluppi fino ai giorni nostri in Italia?

Bisogna necessariamente partire dal presupposto – spesso sottovalutato – che la PAC fu un insieme di politiche fondamentali non solo per lo sviluppo dei singoli Paesi europei nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, ma anche per il processo di integrazione europea stesso. Probabilmente, senza l’introduzione di una Politica Agricola Comune, non si sarebbe giunti all’istituzione dell’Unione Europea così come la conosciamo oggi, in quanto da sempre l’agricoltura viene considerata in Europa un’attività strategica. Infatti, il clima europeo, i terreni fertili e le competenze acquisite anche grazie alla condivisione di know-how rendono l’Unione Europea uno dei principali produttori ed esportatori di prodotti agricoli nel mondo.

Detto ciò, la PAC nacque nel 1962 con l’obiettivo di stabilizzare i prezzi del mercato agricolo grazie ad un sistema che fissava in anticipo i prezzi dei prodotti agricoli europei. Osservando il caso italiano, i benefici, fin da subito, furono enormi sia per i produttori che per i consumatori. Innanzitutto, grazie alla PAC fu possibile risolvere il problema del food security.

Nei decenni precedenti, la popolazione italiana fu tra quelle che sperimentarono maggiormente la carestia. Si stima che l’apporto calorico medio di un uomo italiano fosse di 1100 kcal al giorno, dunque un quantitativo decisamente insufficiente. Con la PAC, si ebbe una meccanizzazione del ciclo produttivo agricolo che rese possibile superare questi problemi legati alla scarsità alimentare.

Inoltre, un altro problema che fu contenuto grazie alla PAC fu quello dell’esodo dalle campagne verso la città; gli esperti hanno calcolato che negli anni ’50 la percentuale di fuga dalla vita rurale si aggirava attorno al 44%. Questo dato sottolinea quanto i contadini fossero esasperati dalle difficili condizioni di vita e attratti, invece, dall’industrializzazione che stavano vivendo le città italiane. In seguito all’introduzione della PAC, negli anni ’70 la percentuale di coloro che decisero di abbandonare la campagna si ridusse notevolmente, raggiungendo il 17%; investendo nel settore agricolo e modernizzandolo, si riuscì dunque ad evitare lo svuotamento di massa delle campagne e a favorire il loro sviluppo, anche da un punto di vista sociale oltre che economico.

L’intera agricoltura italiana, dunque, negli anni ’60 fu travolta da questa ondata di trasformazioni che furono la naturale conseguenza della PAC. L’autosufficienza alimentare fu raggiunta, la qualità dei prodotti alimentari aumentò e le zone rurali si svilupparono. In Italia, grazie al sostegno europeo, tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 vennero aumentate le coltivazioni di barbabietola, grano, soia e tabacco. Anche il settore caseario fu avvantaggiato, grazie alle quote latte introdotte dalla PAC, così come il settore vitivinicolo.

Tuttavia,  la PAC portò con sé anche numerose conseguenze negative in tutti gli Stati europei, e dunque anche nel nostro Paese. Innanzitutto, si passò dal problema dell’insufficienza alimentare a quello della sovrapproduzione e dunque degli sprechi. Il fatto che il prezzo, essendo già prefissato, non potesse scendere al di sotto di una certa soglia, indipendentemente dai meccanismi della domanda e dell’offerta, incoraggiò molti agricoltori italiani ad aumentare in modo esponenziale le loro produzioni.

In Italia, le superfici dedicate alla coltura di cereali, soprattutto di mais, crebbero sempre di più, arrivando a oltre 1 milione di ettari. Anche la produttività del grano crebbe fino a superare 1,5 milioni di ettari. La domanda, però, non riusciva e reggere il passo con l’offerta e si arrivò dunque ad una situazione strutturale di produzione eccedente rispetto alla domanda. Smaltire le produzioni in eccesso per cercare di contenere la distorsione del mercato ebbe un costo enorme per la PAC e fece sorgere numerosi dubbi circa la sua adeguatezza.

Inoltre, la PAC favorì la creazione del cosiddetto protezionismo agricolo. In Italia, così come in altri Paesi, i vari governi che si susseguirono adottarono – e ciò continua ad avvenire tutt'oggi –  delle misure protezionistiche allo scopo di accontentare le lobby agricole, dimenticandosi però che il nostro Paese è anche un importatore e che queste politiche agricolo-commerciali non favoriscono le buone relazioni economiche tra gli Stati.

Un’ulteriore problematica fu quella legata al peggioramento delle condizioni ambientali. La PAC promosse delle politiche non rispettose dell’ambiente, che portarono all’aumento dell’inquinamento delle acque e dei terreni e alla modifica degli habitat. Oggi, la consapevolezza e la sensibilità relative a queste tematiche sono aumentate in modo esponenziale. Motivo per il quale nelle successive riforme della PAC si cercò di tenere conto anche di questo aspetto.

Le riforme che hanno seguito la prima PAC del 1962 sono numerose: le prime cominciarono già negli anni ’80, alle quali seguirono poi la riforma MacSharry del 1992, l’Agenda 2000, l’Health check del 2008 fino ad arrivare alla cosiddetta “PAC del futuro” del 2018.

La nuova PAC 2023 proposta dalla Commissione Europea prevede nuovi sostegni per piccole aziende e giovani agricoltori, in modo da ridistribuire il sostegno dalle aziende di grandi dimensioni alle PMI, il tutto mediante un sostegno ridistributivo al reddito. Continua ad essere considerata una prerogativa l’ecosostenibilità: ad esempio, è stato proposto un sostegno agli agricoltori che destineranno parte della superficie a piante mellifere, e ciò dovrebbe avvantaggiare una fetta di produttori italiani che da anni promuovono battaglie in questo senso. Inoltre, si punta molto anche alla protezione del benessere animale negli allevamenti e alla riduzione degli antibiotici nel settore della zootecnia.

 

Maria Letizia Fiammenghi

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