Oltre l'aspetto economico delle politiche europee: l'identità comune europea
Quando si parla di Unione Europea, generalmente si fa riferimento ad un’unione essenzialmente economica. Tra le politiche che hanno avuto più successo in questo ambito di attività spesso se ne dimentica una di particolare importanza, ossia la Politica Agricola Comune (Pac).
La Pac è stata considerata una politica “eccezionalista”, pro-integrazione e redistributiva. Tuttavia, ha come particolarità il fatto di non essere stata fondamentale solamente per l’economia, favorendone una crescita materiale, ma si tratta anche di una policy che ha avuto un grande impatto sociale. Per l’appunto, questa ha contribuito a sviluppare un più ampio sistema che in qualche modo iniziava ad essere percepito come arretrato.
Per essere più precisi, la Pac ha in qualche modo rinnovato e rinforzato l’importanza di quella struttura familiare tipicamente europea della quale si voleva prevenirne l’estinzione. Stiamo parlando delle imprese agricole a conduzione familiare (Family Farmers) e di quanto queste abbiano avuto grande importanza nel settore agricolo in termini di sviluppo.
Sono proprio le Family Farmers a comporre quella categoria che ha implicazioni morali e sociali più profonde (non costituendo, tuttavia, una vera e propria professione secondo i documenti ufficiali). La Pac sarà un riferimento utile per capire come andare oltre l’aspetto economico delle politiche di integrazione.
Quando si parla di integrazione europea si fa spesso riferimento ad un processo che non è stato ancora completato e che incontra tuttora molti ostacoli. Se si è visto un maggior successo in campo economico (prima con la creazione della Comunità Economica Europea e poi con il mercato comune), molte difficoltà sorgono per quanto riguarda gli aspetti politici, sociali e culturali.
Questo articolo vuole enfatizzare in particolar modo quest’ultimo aspetto, ossia quello culturale, in quanto la cultura è un elemento che potrebbe contribuire enormemente al processo di integrazione. Cultura significa anche valori, simboli, tradizioni, abitudini, memorie, identità e questo permette di rivolgere l’attenzione su un aspetto che va oltre la componente materiale della maggior parte delle politiche europee.
È chiaro il fatto che il processo di integrazione europea, storicamente iniziato dopo la Seconda Guerra Mondiale, fosse primariamente mirato a prevenire il risorgere di un nuovo nazionalismo e di nuovi conflitti tra le nazioni europee. Tuttavia, molte minacce rimangono (e il nazionalismo è tutt’oggi tra le maggiori, come è stato anche recentemente dimostrato dalla Brexit).
Non si esclude che tra le ragioni di queste difficoltà verso un’integrazione anche istituzionale dell’Europa vi sia la mancanza di un qualcosa di più profondo alla base, ossia una comune identità europea.
Potremmo immaginare l'Europa come un grande laboratorio sociale nel quale molteplici unità interagiscono tra di loro tra profondi contrasti. Non sembra appunto esserci un’unica identità, ma una molteplicità di identità che si sono sviluppare nel corso della storia e questo porta ad avere da un lato elementi culturali esclusivamente europei, che ci distinguerebbero da altre culture, mentre dall’altro troviamo situazioni nelle quali ogni elemento comune viene negato, per esempio, attraverso l’esaltazione di qualità tipiche di una nazione a scapito di un’altra. Questa competizione negativa crea inevitabilmente un contesto conflittuale e non beneficia, anzi ostacola l'integrazione.
Enfatizzare l’importanza di avere una comune identità europea promuoverebbe un maggior senso di appartenenza e contrasterebbe la mancanza di fiducia che spinge ad uscire da questa Unione.
Ma cosa significa creare ed enfatizzare una comune identità e come raggiungere questo obiettivo? Probabilmente queste sono domande che aprono una discussione più ampia rispetto a ciò che può essere riportato in queste riflessioni. Tuttavia, per favorire una comune identità europea si dovrebbe quanto meno investire in quei campi di attività che favoriscono una riscoperta dei valori comuni tra i cittadini europei, come per esempio: sicurezza alimentare, sfide ambientali, giustizia, questioni sociali e così via. Questo potrebbe essere un buon punto di partenza per un comune impegno di lungo periodo.
Quindi, una politica pro-integrazione dovrebbe anche e soprattutto evidenziare un comune senso di appartenenza, riportando l’eredità storica e culturale a conoscenza delle persone, di conseguenza investire in quegli aspetti che meglio rispondono alla diffusione di valori ampiamente condivisi a livello europeo.
In questo contesto, è il sistema dell'istruzione a giocare un ruolo determinante. A livello europeo, sono già stati implementati programmi volti ad integrare e a coinvolgere studenti di diversa provenienza (per esempio l’Erasmus). Tuttavia le differenze tra i diversi sistemi di istruzione europei rimangono tante, senza dimenticare che questi programmi sono per la maggior parte fruibili nei più avanzati livelli educativi (e in questo contesto non va dimenticato il problema, sicuramente anche italiano, connesso ad un’alta percentuale di abbandono scolastico precoce) e come effettivamente il sistema scolastico rimanga contrassegnato da criteri piuttosto selettivi.
Il sistema educativo è un potente strumento che permette di formare una generazione cosciente e consapevole delle sfide del presente, dando alle persone una sorta di terreno comune. Avere un terreno comune è un elemento che potrebbe contribuire notevolmente al successo degli sforzi che dovrebbero essere sostenuti. Anche in questo contesto, la Pac insegna: difficile considerare una mera coincidenza il grande successo che ha avuto questa politica laddove si consideri il gruppo di persone che l'ha resa possibile: questo gruppo era costituito infatti da una specifica generazione, ossia quella che usciva dagli orrori della guerra (terreno comune) e questo probabilmente consentì loro di avere una visione migliore su ciò che si sarebbe dovuto fare.
Alla luce di questa esperienza, dovremmo prendere in considerazione l’importanza di dare voce e spazio a quella generazione che vive in prima linea i problemi del presente, perché la comune percezione è quella di avere politiche adottate ed implementate da un gruppo di professionisti che non comprendono completamente i disagi delle nuove generazioni, rendendone problematica la rappresentanza.
CIVITAS EUROPA - COLLABORATRICE ESTERNA
Marzia Mai
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