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Navalny, così Mosca regredisce in umanità

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[caption id="attachment_3527" align="alignleft" width="332"] Russian opposition politician Alexei Navalny takes part in a rally to mark the 5th anniversary of opposition politician Boris Nemtsov's murder and to protest against proposed amendments to the country's constitution, in Moscow, Russia February 29, 2020. REUTERS/Shamil Zhumatov[/caption]

Con il rilascio del corpo di Alexei Navalny termina la triste puntata iniziata il 16 febbraio, dopo la morte dell’attivista nella colonia penale artica IK-3. L’ultima stazione di una drammatica Via Crucis che prese il via il 20 gennaio 2020, quando, in pieno volo da Tomsk a Mosca, Navalny cominciò ad accusare sintomi di malessere.

Tracce di Novichok sono state rilevate nel corpo di Navalny dopo gli esami realizzati all’Ospedale universitario della Charité, a Berlino.

Era stato ricoverato lì grazie all’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Navalny tornerà in Russia il 17 gennaio 2021 e sarà condannato a 19 anni di prigione per «estremismo» e frode. Sarà recluso nella colonia penale IK-1 di Kovrov, dove, almeno sei mesi prima della morte, parte l’isolamento. Vengono confiscati i suoi materiali scritti, arrestati tre dei suoi legali inserendone altri due nella lista dei ricercati. Verrà infine trasferito presso la Colonia artica IK-3, situata oltre 1.900 chilometri a nord di Mosca.

Il rilascio del corpo e il ricatto del Cremlino

Ad annunciare il rilascio del corpo il 24 febbraio è stata Kira Yarmysh, portavoce dell’attivista e blogger russo sottolineando come le modalità con cui si svolgeranno i funerali vadano «ancora definite» rischiando «interferenze da parte delle autorità» russe.

Perché neppure i funerali sono rimasti a riparo della straziante vicenda, divenendo oggetto di ricatto nei confronti della madre di Navalny, Ludmyla, alla quale il 23 febbraio, giorno antecedente al rilascio, venne dato un ultimatum di 3 ore per accettare lo svolgimento di una cerimonia privata e chiusa alla società civile.

Dal patriarcato però c’è stato soltanto il silenzio: nessun commento, nessun monito pubblico. Auspichiamo che la corrispondenza privata con il Cremlino sia stata ben diversa: almeno a tutela di un’anima del loro gregge, convertita dall’ateismo

Non sapendo di più in merito alla vicenda, viene da pensare che Ludmila Navalnaya avesse ceduto all’imposizione del Cremlino accettando una cerimonia privata. A meno che Vladimir Putin non fosse stato colto da un manzoniano pentimento, come accadde all’Innominato dei Promessi sposi che, dopo il confronto col cardinal Borromeo, prese coscienza del male commesso, si pentì e si abbandonò a un pianto disperato (cf. Cap XXIII). Difficile da sapere in quanto la coscienza di Putin è un mistero per tutti, soprattutto a due anni dall’invasione d’Ucraina.

E non può non venire a galla la pochezza con cui ha agito Vladimir Putin o chi per lui, tra cui Vadim Kalinin, colonnello e direttore della colonia penale IK-3, e Igor Rakitin, capo regionale del servizio penitenziario federale russo in Yamalo-Nenet

E la Chiesa ortodossa?

Viene spontaneo chiedersi se nella Chiesa ortodossa russa ci sia almeno un’anima onesta equiparabile al cardinal Borromeo. Dal patriarcato però c’è stato soltanto il silenzio: nessun commento, nessun monito pubblico. Auspichiamo che la corrispondenza privata con il Cremlino sia stata ben diversa: almeno a tutela di un’anima del loro gregge, convertita dall’ateismo.

Ludmila, il vagare di una madre alla ricerca del figlio

E non può non venire a galla la pochezza con cui ha agito Vladimir Putin o chi per lui, tra cui Vadim Kalinin, colonnello e direttore della colonia penale IK-3, e Igor Rakitin, capo regionale del servizio penitenziario federale russo in Yamalo-Nenet. Tutti corresponsabili del continuo vagare di Ludmila e dei suoi legali alla ricerca del corpo del figlio già dal 17 febbraio, dopo la notizia del decesso. Prima a Kharp, nella colonia IK-3 dove era stato indicato loro l’obitorio di Salekhard. Ma neppure lì c’era il corpo. L’obitorio infatti era chiuso all’arrivo di Ludmila e ci sono volute almeno sette chiamate per sentirsi dire che il cadavere non era più lì.

Fonti interne all’IK-3 hanno invece rivelato che a ucciderlo sarebbe stato un pugno secco sul petto, proprio nella zona del cuore, dopo due ore di esposizione all’esterno

Alle 23.45 del 16 febbraio un convoglio del servizio penitenziario è stato avvistato dalle telecamere stradali mentre percorreva la strada gelata del fiume Ob. Provenivano da Salekhard ed erano diretti all’ospedale di Labytnangi, probabilmente traslavano il corpo. A rivelarlo è stata la testata indipendente Mediazona, che ha sottolineato l’anomalia del trasferimento notturno, non replicato in nessun altro giorno dell’anno.

«Un pugno sul petto»: certe cose non cambiano

Il giallo s’infittisce quando s’indaga sulle cause del decesso, ufficialmente accaduto durante «una passeggiata all’aria aperta» nella quale Navalny perse «i sensi». Fonti interne all’IK-3 hanno invece rivelato che a ucciderlo sarebbe stato un pugno secco sul petto, proprio nella zona del cuore, dopo due ore di esposizione all’esterno: nell'artico russo, dove la temperatura poteva essere di -27°. Ipotesi plausibile laddove Navalny avrebbe ricevuto, due ore prima della sua morte, la visita di un paio di agenti della Fsb, che lo avrebbero interrogato prima del decesso. Visita questa che ha alterato la routine penitenziaria della colonia con perquisizioni anticipate nelle celle, silenzio e incertezza tra i prigionieri. Lo ha rivelato la testata Gulagu.net. A indicare l'uso del vecchio metodo sovietico di omicidio sarebbero i lividi sul corpo di Navalny che i vertici russi hanno giustificato come lascito delle tecniche di rianimazione.

Simbolo di una Nazione immutata pur avendo cambiato nome, regime politico e forma di governo; dove il potere o è totale o non è

Quel pugno sul petto non ha nulla di nuovo, ma è la riproposizione di una vecchia tecnica già usata dal Kgb; simbolo di una Nazione immutata pur avendo cambiato nome, regime politico e forma di governo; dove il potere o è totale o non è. Lo sapeva anche lo stesso Navalny, che non era esattamente un democratico; ma un uomo che in parte condivise, fino a un certo punto, le scelte di Putin. Poi le strade furono divise dalla corruzione degli oligarchi, che Navalny iniziò a denunciare con assiduità. «Una Russia senza Putin» fu il nome della sua ultima campagna, lanciata dalla prigionia, per evitare l’imminente rielezione di Putin nelle presidenziali del 17 marzo 2024. «Convincere almeno dieci persone a votare contro Putin» era l’obiettivo di ogni attivista aderente alla campagna. «I risultati del voto saranno falsificati, ma il nostro compito è mostrare a tutti che la Russia non ha più bisogno di Putin».

Uomo dal «tenace concetto»

È stato uno degli ultimi atti di un uomo inquisito dal potere dispotico del Cremlino, dove la contestazione al leader viene considerata eresia: non per i contenuti, ma per l’interesse che rischia di essere intaccato dalla critica.

E si potrà non essere d’accordo con le idee di Navalny – e su molti aspetti lo scrivente non lo è affatto – ma gli andrà sicuramente riconosciuto il «tenace concetto». Quello che padre Matranga riconobbe – suo malgrado – a fra Diego La Matina dopo la resistenza mostrata ne «le dispute coi primi teologi della città» in Morte dell’Inquisitore di Leonardo Sciascia. Tenace concetto che gli valse la morte e una sorta di damnatio memoriae imposta dal Cremlino.

Ludmila come Priamo nell'Iliade

Oltre al dolore della figlia Dasha e alla moglie Yulia, che ha promesso di proseguire le lotte del marito, rimane lo strazio nell’anima di Ludmila chiamata a recarsi fra le tende nemiche per supplicare la restituzione del corpo del figlio.

Impossibile non rivedere in lei l'eloquente gesto del re di Troia, Priamo, narrato dall’Iliade, che su consiglio della dea Iris raggiunge Achille per supplicare il rilascio del corpo di Ettore. Va così nella Russia di Putin, dove la specie umana regredisce al punto ostacolare la sepoltura di un morto. È il problema dei regimi autoritari, dove anche i cadaveri fanno paura.

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