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Nato: il principale ostacolo alla difesa comune europea?

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La necessità di creare forze armate europee viene occasionalmente evocata dai vertici delle istituzioni comunitarie e dai politici dei principali Stati membri. In effetti, nell'ottica dell'unificazione politica, la realizzazione di una difesa comune è un passaggio ineluttabile. Allo stesso tempo è evidente che per quanto riguarda la politica di difesa e sicurezza - e lo stesso si può dire per la politica estera e la politica fiscale - gli Stati membri sono ben lungi dall'essere integrati in seno alle istituzioni comunitarie.

Occorre però precisare che, per quanto riguarda gli ambiti della politica estera, di difesa e sicurezza, tra gli Stati membri esiste già un minimo di integrazione. Tale integrazione non è però il frutto della comune appartenenza all'Unione Europea, bensì alla Nato. Il fatto che esista una quasi perfetta sovrapposizione tra gli Stati membri dell'Ue e della Nato costituisce un disincentivo per la creazione di una difesa comune europea. In effetti, perché creare forze armate europee quando quasi tutti gli Stati membri Ue appartengono già a un'alleanza militare?

Ciononostante, gli appelli per la creazione di una difesa comune europea vengono periodicamente pronunciati. Sia la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen sia il suo predecessore Jean-Claude Juncker si sono espressi favorevolmente in merito [1]. Lo stesso hanno fatto il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel [2].

A questo punto è necessario fare una distinzione fondamentale. Esistono infatti due punti di vista radicalmente diversi: secondo alcuni, le forze armate europee dovrebbero essere complementari alla Nato; secondo altri, la loro creazione dovrebbe rispondere a un disegno di emancipazione strategica dell'Unione Europea. In altre parole, l'Ue dovrebbe creare un proprio apparato di difesa per rendersi autonoma dagli Stati Uniti, che a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale si sono fatti carico della sicurezza europea.

La divergenza tra questi due punti di vista è emersa chiaramente lo scorso novembre. Alla vigilia delle elezioni presidenziali statunitensi la ministra della difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer pubblicò un editoriale su Politico in cui affermò con veemenza che l'Europa, per la propria difesa e sicurezza, dovrà continuare a dipendere dagli Stati Uniti, a prescindere da chi sia l'inquilino della Casa Bianca."Gli europei non saranno in grado di sostituire l'America nel ruolo cruciale di fornitore di sicurezza", motivo per cui "bisogna mettere fine alle illusioni sull'autonomia strategica europea" ragionò la ministra [3].

Sulla stessa lunghezza d'onda è anche il ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini, il quale di recente ha esposto le sue idee in merito alla difesa europea in un editoriale per Defense News [4].

L'opinione di Kramp-Karrenbauer venne duramente criticata dal presidente francese Emmanuel Macron. In un'intervista pubblicata il 16 novembre su Le Grand Continent il presidente francese dichiarò esplicitamente di essere in disaccordo con la ministra della difesa tedesca e affermò che l'Europa dovrebbe avere la propria autonomia, "come gli Stati Uniti fanno per loro, e come la Cina fa per sé". Alle critiche di Macron seguì la risposta immediata di Kramp-Karrenbauer, la quale rimarcò la propria posizione pur riconoscendo che l'Ue dovrebbe dotarsi di capacità parzialmente autonome da impiegare qualora vi sia una divergenza di interessi con gli Stati Uniti [5].

Che posizioni belliche rinunciatarie vengano pronunciate da due potenze sconfitte è abbastanza normale e non riteniamo che ciò possa essere preso come una posizione imparziale, quanto più dettata dal contesto storico di Italia e Germania: due paesi le cui sovranità sono state ampiamente limitate da Washington al termine della guerra per decenni, soprattutto nella “politica alta” (cioè interni, esteri e difesa) - Stati che ancora convivono con un enorme senso di sconfitta nonché quasi “senso di colpa”. Molto più comprensibile l’inclinazione bellicosa francese, la quale capitando sul lato dei vincitori dà una accezione più liberatoria e positiva dell’esercizio della forza, da un punto di vista simbolico, nonché Parigi ha tatticamente dei vantaggi nell’auspicare una forza europea autonoma.

I due approcci meritano di essere approfonditi separatamente.

Partiamo col dire che per ottenere una vera autonomia strategica l'Unione dovrebbe percorrere la strada accennata dal presidente francese. In merito a tale strada è necessario fare almeno tre osservazioni fondamentali. In primo luogo, è scontato che i francesi spingano, almeno a parole, per l'autonomia strategica europea. Infatti, il ritiro degli Stati Uniti dal Vecchio Continente e la creazione di un'alleanza militare europea si tradurrebbero in un netto incremento dell'influenza francese ai danni della Germania, giacché la Francia è l'unico Stato membro dell'Unione, in seguito all'uscita del Regno Unito, a disporre di un arsenale nucleare.

In secondo luogo, ammettendo che lo scenario appena ipotizzato si concretizzi, l'Ue sarebbe comunque una potenza di secondo grado in quanto Stati Uniti e Russia non solo dispongono di un arsenale missilistico e nucleare notevolmente più grande ma anche di un'industria bellica più avanzata. Per colmare il divario l'Europa dovrebbe investire ingenti risorse nella ricerca e nella produzione di armamenti. Un'eventualità che oltre ad essere osteggiata dall'opinione pubblica creerebbe forti tensioni con Washington e Mosca.

In terzo luogo, l'eventuale fine della Nato porrebbe degli interrogativi importanti per quanto riguarda la Turchia e il Regno Unito. Ankara e Londra aderirebbero all'alleanza europea oppure perseguirebbero una politica estera autonoma? In tal caso la Turchia potrebbe diventare una spina nel fianco sia per l'Europa sia per la Russia. Venuto meno il vincolo atlantico è probabile sia un inasprimento delle tensioni tra Ankara ed Atene sia un aumento della competizione nel Mediterraneo.

Per quanto riguarda il Regno Unito, è più facile che si allinei agli Stati Uniti piuttosto che entrare in un'alleanza europea. Londra non ha mai mostrato entusiasmo per il progetto della difesa comune, preferendo ad esso la relazione speciale con gli Stati Uniti. Non sono quindi da escludere tentativi di sabotaggio da parte dei britannici, qualora gli europei prendano davvero l'iniziativa.

In ogni caso è altamente improbabile che lo scenario ipotizzato da Macron si concretizzi, giacché gli Stati Uniti non hanno la minima intenzione di abbandonare l'Europa, requisito fondamentale, ma non sufficiente, per il raggiungimento dell'autonomia strategica europea. Il ritiro americano non si è intravisto durante la presidenza di Donald Trump, da molti etichettato come isolazionista, figurarsi se ciò possa accadere mentre sono in carica amministrazioni determinate a mantenere fede agli impegni internazionali degli Stati Uniti, specialmente nei confronti degli alleati europei.

Qualora l'Unione perseguisse l'autonomia strategica a prescindere dal ritiro americano si creerebbero delle gravi tensioni nelle relazioni atlantiche che andrebbero a vantaggio di Russia e Cina.

Una difesa comune europea in seno alla Nato è quindi l'ipotesi più probabile. Tuttavia, come già osservato, siccome esiste una quasi perfetta sovrapposizione tra gli Stati membri dell'Ue e della Nato vi sono pochi stimoli per la creazione di una difesa comune. In ogni caso, se l'Unione avesse delle forze armate comuni potrebbe guadagnare un'autonomia almeno parziale. Per esempio, l'Unione potrebbe intervenire in aree che non sono prioritarie per la Nato, come il Sahel o l'Africa sub-sahariana. Per la verità, l'Ue è già intervenuta in alcuni paesi di queste regioni (Mali, Repubblica Centrafricana, Somalia) attraverso le missioni di addestramento (Eutm) delle forze di sicurezza locali [6].

Disporre di vere e proprie forze armate permetterebbe all'Unione di proiettare la propria influenza e di perseguire i propri interessi con maggiore incisività. Per fare ciò le forze armate comuni non bastano. Occorrono anche istituzioni in grado di definire e mettere in pratica la politica estera comune. Tutto ciò implica un potenziamento delle istituzioni comunitarie, scenario che per concretizzarsi deve superare notevoli ostacoli di natura politica.

Come suggerito dalla ministra della difesa tedesca, le forze armate comuni potrebbero anche operare autonomamente qualora vi sia una divergenza di interessi tra Ue e Stati Uniti. Premesso che vi sia la determinazione politica necessaria per compiere questo passo, tale eventualità causerebbe tensioni con Washington, e forse anche con Londra, che andrebbero a vantaggio di quei soggetti che traggono beneficio dalle spaccature in seno all'alleanza atlantica. Nel caso si presenti un conflitto d'interessi tra Washington e Bruxelles alcuni Stati dell'Ue potrebbero anche decidere di aderire alle iniziative statunitensi, minando così la credibilità della difesa comune.

In conclusione, l'ipotesi di creare forze armate comuni in seno alla Nato, per quanto sia più realizzabile rispetto alla proposta francese, solleva numerose problematiche. Innanzitutto è necessaria la volontà politica, quindi la disponibilità da parte degli Stati membri di trasferire almeno parte delle loro competenze in materia alle istituzioni comunitarie. Tale requisito è sufficiente a ipotecare l'intero progetto.

Inoltre è altamente improbabile che a tale iniziativa aderiscano tutti gli Stati membri. Alcuni sono contrari a trasferire sovranità oppure si trovano già a loro agio nella Nato, motivo per cui non sono sensibili agli appelli per la creazione di una difesa comune. A questo gruppo appartengono Ungheria, Polonia e repubbliche baltiche. Vi sono poi gli Stati neutrali (Irlanda, Malta, Austria, Svezia, Finlandia) i quali non parteciperebbero ad un'alleanza europea.

Ad ogni modo, fino a quando gli Stati Uniti saranno i garanti della sicurezza europea, l'Ue non potrà porsi come attore autonomo e influente, né a livello globale né regionale. Per svolgere questo ruolo il ritiro americano non è però sufficiente. È necessario un potenziamento delle istituzioni comunitarie non solo nell'ambito della difesa ma anche in quello della politica estera. Gli ostacoli da superare per soddisfare questo requisito fondamentale sono alti. Come se non bastasse, la pandemia con le sue conseguenze socio-economiche ha fatto cadere la difesa comune in fondo alla lista delle priorità della politica europea. Quindi, nel breve periodo le forze armate europee non vedranno la luce.

Vi è un'altra certezza: se l’Unione intende proseguire nel proprio processo di integrazione (senza stagnarsi su posizioni lascive che lascerebbero posto ad altri attori per intrufolarsi) dovrà prima o poi confrontarsi con un'ineluttabile realtà: la politica “alta”, in termini foucaultiani, è fondamento e prerogativa di ogni Stato. Se tale vorrà diventare, l’Europa dovrà mettere l’animo in pace e tornare a considerare la sovranità sulla difesa come il più potente strumento di politica estera.

Non è detto che l’Unione si doti di forze armate proprie: è detto però che fin quando non lo farà Bruxelles sarà solo l’organo intermedio in una matriosca di sovranità, in cui il reggente sovrano in extremis saranno sempre gli Stati Uniti d’America e i loro notoriamente differenti interessi strategici.

 

CIVITAS EUROPA - DIVISIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Massimiliano Palladini; Alessandro Verdoliva

 

Note

[1] "Von der Leyen: EU must develop "credible military capabilities"", politico.eu, 22 gennaio 2020; "Juncker calls for an EU army", dw.com, 10 novembre 2016. Ultimo accesso a entrambe le pagine 30 gennaio 2021.

[2] "Merkel joins Macron in calling for EU army to complement NATO", politico.eu, 13 novembre 2018. Ultimo accesso 30 gennaio 2021.

[3] "Europe still needs America", politico.eu, 2 novembre 2020. Ultimo accesso 30 gennaio 2021.

[4] "Editoriale a firma del Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, pubblicato su Defense News il 11 gennaio 2021", difesa.it, 13 gennaio 2021. Ultimo accesso 30 gennaio 2021.

[5] Per la critica di Macron vedere "La dottrina Macron: una conversazione con il Presidente francese", legrandcontinent.eu, 16 novembre 2020; "German defense minister to Macron: EU depends on US security guarantee", politico.eu, 17 novembre 2020. Ultimo accesso a entrambe le pagine 30 gennaio 2021.

[6] Per Eutm Mali vedere eutmmali.eu; per Eutm nella Repubblica Centrafricana vedere "EUTM-RCA European Training Mission in Central African Republic military mission", eeas.europa.eu, 30 novembre 2020; per Eutm Somalia vedere eutm-somalia.eu. Ultimo accesso a tutte le pagine 30 gennaio 2021.

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