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La riforma delle riforme: ricostruire i partiti per rafforzare la democrazia

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Perché da vent’anni a questa parte l’Italia ha bisogno dei diktat e, recentemente, degli incentivi dell’Europa per attuare le riforme strutturali che, fino a prova contraria, sono nell’interesse del Paese stesso?

Guardando a ritroso, dalla lettera congiunta Trichet-Draghi del 2011 al Governo italiano, all’attuale progetto del PNRR, l’Italia ha avuto sempre bisogno dell’intervento esterno per uscire da situazioni di grave crisi generate da un’inerzia profonda della politica o da (non-)scelte sbagliate poste in essere dalla stessa. Che cosa, se non una democrazia sana e matura, può permettere ad un Paese di fare scelte strategicamente importanti e affrontare, con visione, le molteplici sfide che si presentano?

Sfide che si ripetono, alcune delle quali, credevamo fossero ormai relegate al passato, e a cui gli ultimi terribili eventi ci hanno di nuovo drammaticamente posto davanti. Ci siamo illusi per decenni di poter godere di diritti ormai acquisiti, facendo cosi un errore molto grave, quello di credere che gli stessi diritti, frutto di faticose conquiste, godessero di una sorta di “intoccabilità”, e che la democrazia, tanto agognata da milioni di individui ancora sottoposti a regimi autoritari, fosse, per noi, non più soggetta a minacce o contaminazioni dall’esterno.

Gli ultimi eventi, a partire dalla tragedia della pandemia, fino ad arrivare a quella gravissima della guerra, hanno, auspicabilmente, ridimensionato le nostre certezze e ci hanno posto con forza di fronte ad una riflessione molto seria su chi eravamo, chi siamo e chi vorremo essere.

Abbiamo compreso fino in fondo il valore della democrazia e delle sue istituzioni? E sapremo compiere tutti i passi necessari per procedere al riassetto delle strutture portanti della democrazia stessa, per renderla, appunto, più matura e più forte? Abbiamo davvero capito quanto sia necessario avere una visione politica? Da dove partire per raggiungere questo obiettivo?

Il passo principale, in un Paese come l’Italia, è, prima di tutto, ricostruire il tessuto politico. L’Italia ha dagli anni Novanta un sistema partitico mal funzionante, che ne ha causato il lento declino, con gravi ricadute sotto ogni aspetto: economico, sociale, culturale.

Tangentopoli è stato uno tsunami che ha provocato la distruzione totale dei partiti. L’operazione Tangentopoli e il modo in cui fu condotta, distrussero completamente il sistema politico in Italia, fu un cataclisma che mise a repentaglio la tenuta delle istituzioni, gettò i cittadini nel buio più profondo, senza più punti di riferimento e le cui conseguenze si percepiscono ancora oggi, visto che i partiti, o almeno la maggioranza di essi, intesi come soggetti collettivi organizzati ed ispirati ad un’ideologia capace di produrre una visione, non esistono più.

Come è stato più volte fatto notare da illustri analisti, essi si sono trasformati in gruppi di potere, in lobby che perseguono esclusivamente i propri interessi e che, per affermarsi, hanno bisogno di affidarsi ai personalismi, non ispirati da una visione di lungo periodo, che invece rappresenta la via necessaria per permettere ad uno Stato di compiere scelte lungimiranti in un mondo che ci pone sempre più spesso davanti a sfide complicatissime.

Gli eventi degli ultimi giorni segnalano in modo inequivocabile il profondo disagio e l’assenza di quella visione, che rappresenta la molla per porre finalmente le basi per una nuova stagione. Il partito garantiva una forma di controllo sull’operato dei propri membri, inclusi i leader, ed era strumento efficace per consentire il rispetto dei principi e dei valori fondanti il partito stesso, e quindi la tutela dei propri iscritti e di tutti coloro che si rispecchiavano nei valori del partito di riferimento e si sentivano rappresentati e parte integrante di una comunità.

Oggi, in Italia, assistiamo a fenomeni completamente diversi. Si è vissuta la lunghissima fase dei personalismi, ancora prepotentemente in auge, fino a giungere all’affermazione del partito non partito, ossia del movimento, che sta ancora cercando di capire in quale direzione muoversi, per non restare vittima di sé stesso.

L’ideologia di riferimento, asse portante e caratterizzante il partito, permette di avere una visione, ovvero quella guida di lungo periodo che consente la progettualità e la pianificazione, strumenti essenziali per un paese forte, competitivo, pronto ad affrontare le sfide presenti e future.

Le proposte politiche in Italia sembrano invece costantemente distanti dal raggiungimento di questi obiettivi e prevalentemente basate sull’andamento dei sondaggi del momento, nonché influenzate dal risultato di ricerche di mercato. Appare completamente assente una visione. Tutto ciò aggravato da un altro elemento: l’Italia è caratterizzata da una profonda instabilità politica, che non permette né la pianificazione, né tantomeno la messa a punto di progetti di più largo respiro e la realizzazione di opere strutturali, vitali per un Paese che non voglia essere destinato all’inevitabile declino.

L’unico modo per “salvare” l’Italia dai momenti più bui è sempre stato uno solo: ricorrere al cosiddetto Governo tecnico, l’unico, per ovvie ragioni, dotato della forza e della competenza necessaria per compiere operazioni, anche, impopolari, necessarie per evitare il fallimento dello Stato.

Alla luce degli ultimi eventi, appare ora più che mai urgente ed evidente la necessità di ripartire, di ricostruire il tessuto partitico italiano, per poter avere una classe politica degna di tale nome e capace di agire. Come si può invertire tale tendenza? In Italia il tessuto politico è così sfilacciato che appare utopico pensare che a breve-medio termine si possano porre in essere riforme di largo respiro, che tutti riconoscono imprescindibili, ma che nessuno è pronto a realizzare.

Come procedere allora per ricostruirlo? La ricostruzione del tessuto politico italiano potrebbe passare per la via europea attraverso una nuova o maggiore aderenza agli schieramenti europei, che richiederebbero anche più coerenza e, non da ultimo, contribuirebbero forse a sanare il male più profondo della politica italiana, cioè il clientelismo, il voto di scambio che, a livello locale è più difficile da combattere e da sradicare, mentre su un piano (trans)nazionale sarebbe più facile arginare.

In questo difficilissimo momento storico, in cui è necessario rafforzare le istituzioni europee in una visione di sempre maggiore cooperazione, potrebbero contribuire efficacemente anche i partiti animati da uno scatto di orgoglio e di rivincita proponendo programmi in linea con i rispettivi schieramenti europei di appartenenza e offrendo quindi ai cittadini l’opportunità di scegliere, con una visuale europea.

Volgendo lo sguardo ai nostri partner europei, appare evidente, anche sotto questo aspetto, come molti altri, che il Paese con cui l’Italia, anche dal punto di vista istituzionale, presenta molti punti di contatto, è la Germania.

I due sistemi politici, italiano e tedesco, sono i più omogenei dal punto di vista istituzionale e hanno un simile pregresso storico. I partiti tedeschi sono indubbiamente più strutturati, hanno una lunga storia alle spalle e permettono ai cittadini di sentirsi adeguatamente rappresentati. Sarebbe auspicabile una maggiore cooperazione e integrazione con il sistema partitico tedesco, nell’ottica di ricostruire e/o rafforzare i partiti a livello transnazionale, con l’obiettivo di sganciare i partiti stessi da una visione strettamente ancorata alle dinamiche nazionali, e offrire una visione di più ampio respiro; la convenienza sarebbe reciproca visto che condividiamo un destino comune.

È opportuno ricordare il coraggioso piano di riforme realizzato negli anni Duemila dalla classe politica tedesca che ha cambiato radicalmente il volto economico e sociale di quello che era definito il “malato d´ Europa”; tale piano di riforme è stato un volano per la Germania e ha contribuito a renderlo il Paese economicamente più forte dell’intera Europa. Considerato il fatto che la Germania è il Paese a cui si guarda spesso come modello da importare, ci si dovrebbe allo stesso tempo ricordare che il tutto è frutto di scelte lungimiranti operate da una classe politica forte, altrettanto lungimirante, che ha saputo sognare e realizzare un futuro migliore.

Un segnale non trascurabile del bisogno che avvertono i cittadini di affidarsi nuovamente a partiti strutturati proviene dai sondaggi, che evidenziano con chiarezza il vantaggio del partito di Giorgia Meloni e la tenuta del Partito Democratico, forse, non a caso, le due forze politiche che, alla vigilia delle elezioni amministrative, hanno siglato un patto nel segno del rispetto reciproco, respingendo, quindi, l´utilizzo dei classici squallidi toni che caratterizzano da troppi anni la politica italiana e di cui i cittadini sono stanchi.

Agire, quindi, adesso, al fine di rafforzare la democrazia, partendo dalle sue fondamenta o lasciar crescere lo scontento e l’insoddisfazione verso le istituzioni democratiche, certamente complicate da gestire, ma garanti della nostra preziosa libertà?

In questo delicato momento storico, reso ancor più difficile dalla caduta del Governo Draghi, i partiti, alla vigilia di nuove elezioni, hanno una grande opportunità, i cittadini una grande responsabilità.

 

Dott.ssa Laura Paolucci, ricercatrice indipendente, docente presso VHS Coesfeld, Münster, Rheine.

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