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Italia-Germania. Considerazioni comparate sulle strutture di Ricerca e Sviluppo

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di Vincenzo Zito

 

Fin dalle grandi rivoluzioni industriali, Ricerca e Sviluppo sono basi fondamentali del processo di crescita economica. Il progresso tecnologico propone nuove sfide, dà vita a nuove esigenze e a nuovi target di clienti, alimenta la crescita economica e scientifica, ma anche civile e culturale. Attualmente in Europa il più grande progetto di ricerca e sviluppo (o “R&S”) si chiama Horizon 2020.

Questo programma quadro di ricerca e innovazione copre il periodo dal 01/01/2014 al 31/12/2020 e, grazie ad una dotazione pari a 74,3 miliardi di euro, si propone i seguenti obiettivi: promuovere l’eccellenza scientifica, rafforzare la leadership industriale e potenziare l’innovazione nelle PMI (piccole e medie imprese), proporre sfide per la società al fine di favorirne il progresso e ampliare la partecipazione alle innovazioni, colmare il divario tra scienza e società (tramite la sensibilizzazione e le responsabilità sociali) e sostenere azioni dirette non nucleari del centro comune di ricerca (JRC). Il 17 giugno 2018, la Commissione ha presentato il programma quadro di R & I per il periodo 2021-2027, chiamato Orizzonte Europa, per cui è previsto uno stanziamento di circa 100 miliardi di euro. Per via della strategia Europa 2020, è stato fissato l’indicatore principale della spesa in R & I del 3%. La strategia prevede che l’1% debba venire dalla spesa pubblica (di cui Horizion 2020 fa parte), e il restante 2% dalla spesa privata. Eppure, possiamo notare che in Europa ci sia una divergenza sugli investimenti in questo settore fra i vari paesi.

   

Perché esistono queste differenze? Per rispondere a questa domanda bisogna considerare il sistema economico di riferimento, l’organizzazione della spesa pubblica, il peso fiscale e tutte quelle variabili che possono intervenire su una politica di bilancio orientata alla crescita del paese.

Oggi, per questo motivo, cercheremo di capire perché vi sia una grande differenza negli investimenti su R&S tra Italia e Germania.  Non è noto a tutti che la spesa pubblica, infatti, includa due voci fondamentali: gli investimenti pubblici e gli investimenti in R&S. Ad una riduzione di questi due elementi si verificherebbe una recessione economica e una riduzione dello stock di capitale e di conoscenza. Secondo un comunicato stampa della Camera di Commercio Italo-Germanica, o AHK (Deutsch-Italienische Handelskammer), in collaborazione con Deloitte, viene evidenziata la differente spesa tra i due paesi nel settore dell’AI (artificial intelligence) come esempio delle condotte dei due paesi sull’investimento di R&S. I dati analizzati, presenti nella tabella seguente, mostrano la presenza in Italia di tante microimprese ( 82%), a differenza della Germania (61%) che vanta tra le più grandi aziende in Europa. Le imprese che collaborano con gli istituti di ricerca sono solo il 28% in italia ( di cui solo il 6% sono PMI), mentre la Germania si attesta al 44% ( di cui 15% sono PMI).

Le capacità di innovazione di un Paese possono essere misurate in diversi modi, come suggerito da rapporti e studi internazionali, secondo un quadro della Deloitte incentrato sulle capacità di innovazione digitale, si dovrebbero usare 3 pilastri principali di variabili, che sono: talento, start-up, investimenti e brevetti.

Questa immagine mostra come l’Italia sia ancora ben lontana dai parametri tedeschi, che vanta delle vere e proprie eccellenze a livello mondiale. Nonostante la conclusione del comunicato dica che sia Italia che Germania vantino valori al di sopra della media nel campo della ricerca, essa afferma anche che questo è molto limitato dalla natura frammentaria del contesto in cui operano. Ogni Stato investe in modo diverso a seconda delle proprie fonti di investimento, che, in generale, sono: il settore pubblico (35,20% in Italia e 28,50% in Germania), le imprese (52,10% in Italia e 65,205 in Germania), Istruzione superiore (0,90% in Italia e 0% in Germania), il privato non-profit (2% in Italia e 0,30% in Germania), e l’estero (9,80% in Italia e 5,90% in Germania).

Ma questi dati da soli non riescono a spiegare il divario tra i due paesi europei. Dopo la Grande Crisi del 2008, gli Stati Uniti adottarono tutte le politiche fiscali e monetarie col compito di uscire dalla crisi: il risultato è valso dieci anni di crescita continua, il più grande periodo di espansione dal secondo Dopoguerra. La Germania è riuscita a superare la crisi anche grazie a uno sbocco di una nuova frontiera economica su cui poter contare, la Cina, entrata nel WTO (World Trade Organization) nel 2002. È anche grazie a questo fattore che la Germania si vide più preparata durante la seconda crisi europea del 2012-2013, mentre per l’Italia ha voluto dire subire un’ulteriore stagnazione e una recessione tecnica. La crisi economica e le politiche di austerity hanno fermato il processo di crescita italiano. Questo è avvenuto in quanto l’Italia, e più in generale l’Europa, ha usato strumenti di analisi plausibili per un normale ciclo economico, ma non per una crisi strutturale decennale. La differenzia sostanziale di rendimenti tra Italia e Germania sono dovuti ai pesanti tagli sullo stato sociale, circa 5 miliardi, che ha adottato l’Italia dal 2010 al 2016. Il danno risultante è oramai irreversibile, ma è un ottimo punto di partenza su cui focalizzare gli sforzi di cambiamento. Per questo motivo è ancora più importante concordare una visione comune in Europa.

 

CIVITAS EUROPA - Divisione Economia

An. Vincenzo Zito

 

Fonte: dati Eurostat elaborati da Agi-openpolis (ultimo aggiornamento 21/06/2019).

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