Il populismo dal passato al presente
“Populismo” è probabilmente la parola maggiormente utilizzata nel dibattito politico degli ultimi anni. Ciò è particolarmente vero dopo il successo della Brexit, dopo l’amministrazione Trump negli USA, dopo l’ascesa al potere nel Centro e Sud America di leader come Nicolas Maduro, Daniel Ortega e Jair Bolsonaro, ma anche dopo il consenso sempre più ampio di cui sembrano godere leader europei come Marine Le Pen, Matteo Salvini, il partito greco Syriza, Viktor Orban e Jaroslaw Kaczynski.
L’utilizzo quotidiano del termine “populismo” rende difficile una definizione su base scientifica di questo fenomeno e spesso confonde le idee, in quanto il più delle volte viene erroneamente utilizzato anche come sinonimo di “sovranismo” o “nazionalismo”. A volte il populismo viene considerato come ideologia alla base di una democrazia illiberale, ipotesi peraltro molto contestata.
Si tratta sicuramente di una parola abusata. Secondo Nadia Urbinati “il populismo è oggi una parola tra le più usate e meno ricche di significato perché troppo piena di significati contrastanti”.
In questo articolo il tentativo sarà quello di dare una base minima di conoscenza del fenomeno populista attraverso un’impostazione di domande-risposte, nella speranza di stimolare la curiosità dei più ai fini di un maggior approfondimento.
Quando nasce il populismo?
Un breve e doveroso excursus storico ci consente di far risalire le origini di questo fenomeno alla Russia Zarista, dove negli anni Quaranta dell’Ottocento nacque un movimento di protesta, formato pressoché esclusivamente da studenti piccolo e medio borghesi, che aveva come obiettivo quello di promuovere il riscatto della popolazione.
Ci sono tuttavia altri due movimenti importanti che ci permettono di collegarci al contesto attuale.
- Il populismo statunitense degli anni Novanta dell’Ottocento, generalmente ricondotto al People’s Party, diventato poi un vero e proprio partito politico con una base elettorale composta dalle classi popolari. Tuttavia, prima del People’s Party esistevano già altri movimenti di contestazione in America, cioè associazioni regionali che puntavano a tutelare gli interessi agrari.
- Il populismo sudamericano che si afferma a partire dagli anni Trenta del Novecento.
Questa sintetica suddivisione si rende necessaria in quanto le importanti differenze alla base della nascita di questi diversi movimenti non solo rendono evidenti le difficoltà nel darne una definizione univoca, ma ci consentono anche di capire da dove l’idea che noi abbiamo oggi del populismo nasce, ossia nel contesto sudamericano. Il populismo sudamericano si caratterizza per una forte impronta nazionalistica e per la presenza di un leader carismatico che cerca di dare un’identità ad una massa che percepisce di essere dimenticata dalla politica o marginalizzata.
Fu difatti in questo contesto che si iniziò a parlare di “esclusione politica, economica e sociale, con un’esplicita volontà di integrazione”, quindi dove i riferimenti alla giustizia sociale e alla modernizzazione sono più evidenti.
Chi supporta il populismo?
Per rispondere a questa domanda probabilmente risulta utile andare a guardare quello che accomuna questi vari movimenti, ossia la presenza di una grossa parte di popolazione insoddisfatta e frustrata o rispetto alle condizioni di vita di un particolare momento storico o perché spaventata da spinte come la modernizzazione o la globalizzazione, che inevitabilmente portano a dei cambiamenti a livello politico, sociale ed economico.
Il populismo costituisce una risposta alle tendenze percepite come non democratiche nella gestione della politica da parte delle élite, una risposta che vuole essere correttiva di una politica che si allontana troppo dal popolo e che vuole un ritorno del potere politico nelle mani del popolo.
In questo contesto emerge proprio uno dei tratti principali sul quale si è teorizzato il fenomeno populista, ossia la presenza di un dualismo, quindi una contrapposizione tra il popolo e l’élite, per il quale risulta peculiare l’analisi che fece a tal proposito il politologo olandese Cas Mudde, tra i maggiori esperti sul fenomeno. Il populismo cresce velocemente laddove il malcontento politico trova terreno fertile.
Ma il populismo è solo un qualcosa di negativo?
Esiste una distinzione che può giustificare coloro che nel populismo non vedono necessariamente qualcosa di negativo contro la maggior parte di definizioni negative che solitamente vengono attribuite al fenomeno: populismo come movimento versus populismo al potere.
Il primo si riferisce a movimenti di contestazione di gestione della politica, quindi una forma di partecipazione nella società e di esercizio del diritto dei cittadini di esprimere la propria parola e la propria opinione.
Il problema probabilmente nasce laddove i populisti non si limitano a movimenti di protesta, ma riescono a penetrare le istituzioni. Se analizziamo le ultime esperienze populiste, quello che emerge è la presenza di un leader carismatico che con un particolare linguaggio semplice, diretto e pratico, non solo dice di “farsi cuore” dei problemi e delle contestazioni avanzate dalle “categorie dimenticate”, ma si vende proprio come l’incarnazione della voce e dei desideri della nazione, scaricando tutte le colpe di ciò che non funziona sull’élite che fino a quel momento ha condotto il gioco politico.
È però anche vero che i populisti al potere tendono a stiracchiare un po’ le regole democratiche, andando ad avvicinarsi ad un qualcosa che più assomiglia a pratiche autoritarie.
Si pensi per esempio a Viktor Orban che ha elaborato una costituzione apparentemente autentica dopo un finto processo di consultazione nazionale tramite questionario, senza sentire il bisogno di sottoporla ad un voto popolare. Oppure, si pensi a quante volte abbiamo sentito Donald Trump sostenere che le ultime elezioni vinte da Joe Biden erano frutto di un complotto, quindi non legittime, andando in questo modo a contestare la stessa volontà della maggioranza, ossia quella che i populisti dicono di voler far valere. Infine, Jaroslaw Kaczynsky è convinto che ci sia da tempo una rete determinata a danneggiare il suo partito e su queste basi ha messo sotto controllo anche i servizi segreti.
I populisti criticano le vecchie élite definendole “traditori”. Tutti elementi che sicuramente non fanno immediatamente pensare ad una pratica democratica.
Populismo tra democrazia e autoritarismo
Il populismo è una pratica democratica o è l’anticamera dell’autoritarismo? La questione è piuttosto delicata.
Quello che emerge dalla letteratura che studia il fenomeno è che il populismo nasce dentro la democrazia; c’è anche chi lo ha definito come una malattia della pratica democratica. Analizzando l’etimologia di entrambi i termini, sia democrazia che populismo hanno come minimo comune denominatore l’esercizio del potere da parte del popolo. La contraddizione emerge laddove i populisti criticano l’establishment per poi arrivare ad essere come l’establishment che hanno criticato.
È opportuno però essere cauti nell’associare il populismo all’autoritarismo e questo probabilmente si deve anche al fatto che i costi di un aperto autoritarismo sarebbero troppo elevati. Infatti “abolire ufficialmente o come minimo sospendere la democrazia comporta un’ulteriore perdita di reputazione internazionale”.
Riflessioni conclusive
Quello che infine si può concludere è che il populismo è un fenomeno sicuramente complesso, soggetto a molte interpretazioni, che probabilmente necessita di una contestualizzazione, nel senso che i vari movimenti populisti cercano di dare una risposta a problematiche che sono peculiari dei singoli contesti nazionali. Il populismo non sembra rappresentare una misura correttiva della democrazia bensì un pericolo per il processo democratico. Per questi motivi è necessario preoccuparsene.
CIVITAS EUROPA - COLLABORATRICE ESTERNA
Marzia Mai
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