I chip: l'altra guerra dell'Europa
Il 18 aprile 2023 l’Unione Europea ha messo in campo la Legge europea sui chip. Il dibattito sulla necessità di tale misura si è protratto per quasi tre anni, a partire dall’interruzione, dovuta al fenomeno pandemico, della filiera globale di queste fondamentali componenti.
I chip a semiconduttore, infatti, sono utilizzati nella manifattura di tutti i principali prodotti elettronici che popolano le nostre vite. Sono la spina dorsale dell’economia digitale contemporanea, e vedono importanti applicazioni nei settori più disparati, tra cui le comunicazioni, l’elaborazione dei dati e la difesa.
La UE ha riconosciuto, finalmente, la problematicità della propria posizione nel settore. La produzione di chip ha un valore strategico immenso e, mentre sul fronte della ricerca e della manifattura dei prodotti finiti l’Europa può beneficiare di una posizione di vantaggio, la quota europea del mercato globale dei semiconduttori è solo del 10%. Inoltre, l’Europa sconta una forte dipendenza dai fornitori di paesi terzi, che la espone a potenziali rischi di interruzioni non controllabili della filiera di produzione.
La crisi dei semiconduttori è incominciata nel 2020, come corollario del rallentamento del commercio mondiale, avvenuto in seguito alle limitazioni alla libertà di movimento imposte in ogni angolo del globo. Le stesse misure che hanno permesso di salvare vite umane hanno avuto un risvolto particolarmente critico sul mercato dei chip: ad inizio 2020, infatti, si è assistito ad una corsa all’acquisto di semiconduttori da parte delle aziende che li impiegano nella propria filiera, per assicurarsi contro la prevista carenza dovuta alle chiusure forzate dei siti produttivi.
Allo stesso tempo, le aziende coinvolte nella produzione di semiconduttori hanno tagliato le previsioni di vendita, interpretando nella maniera errata gli effetti del fenomeno lockdown. La domanda di semiconduttori è invece cresciuta esponenzialmente, data la diffusione delle pratiche di lavoro e didattica a distanza, con il conseguente aumento della domanda di dispositivi elettronici.
Un altro fronte critico riguarda l’attuale stato delle relazioni tra Cina e Taiwan. Le forniture europee di microchip, infatti, dipendono anche dalle importazioni dall’isola, capitale mondiale del chip che racchiude il 60% della produzione globale. Taiwan è anche, suo malgrado, il premio più ambito per la Repubblica Popolare Cinese e per il suo presidente a vita, Xi Jinping.
La Cina, negli ultimi decenni, ha sviluppato una propria capacità produttiva in materia di chip, data l’importanza delle aziende cinesi ad alta tecnologia nell’economia del Paese, impiegando ingenti risorse statali nel sostegno al settore, con l’obiettivo di scardinare il primato tecnologico degli Stati Uniti. La prospettiva del dragone cinese che avvolge le sue spire su Taiwan ha, tra i suoi risvolti, l’ottenimento di un nuovo margine di vantaggio nella “guerra tecnologica” che lo vede contrapporsi a Washington.
Gli USA, principali alleati di Taiwan e beneficiari di ingenti investimenti da parte di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), si sono più volte dichiarati disposti ad accettare lo scontro frontale, qualora l’isola subisse un tentativo di invasione cinese. La 7th Fleet della US Navy è la principale garanzia messa a disposizione dell’alleato, mentre la Cina prosegue a mettere pressione su Taiwan attraverso periodiche simulazioni militari.
La “Guerra dei chip” per ora è prettamente economica, ma non è difficile immaginare la possibilità di un risvolto militare collegato all’aggressiva politica esterna della Cina. In palio, assieme alla riunificazione del paese fortemente voluta dal Presidente Xi, c’è l’egida tecnologica del mondo contemporaneo.
L’Europa si è decisamente schierata con gli alleati storici, anche nel conflitto dei chip. Ma ha voluto intraprendere una serie di misure per assicurare l’indipendenza futura della filiera europea del chip. La Legge europea racchiude 43 miliardi di euro di investimenti pubblici, di cui 15 miliardi provengono direttamente dal bilancio dell’Unione. L’obiettivo è quello di sostenere il settore dei chip integrando i programmi Europa Digitale e Orizzonte Europa: in questo modo, si vogliono rendere accessibili in tutta Europa, in particolare alle nuove aziende, gli strumenti di progettazione, sperimentazione e produzione di chip all’avanguardia. Gli investimenti sono rivolti alle tecnologie di prossima generazione, promuovendo l’ottenimento delle competenze necessarie a fare avanzare la ricerca in questo senso. Inoltre, il quadro normativo per gli investimenti privati nel settore viene notevolmente semplificato. Infine, l’Europa mette in campo gli strumenti necessari ad assicurare l’approvvigionamento dei semiconduttori per il mercato europeo, con l’obiettivo di anticipare le prossime potenziali crisi.
Rimane sullo sfondo la prospettiva di integrare la nuova legge con misure di blocco delle esportazioni verso la Cina di tecnologia avanzata per la produzione di microchip. Il dibattito tra gli stati membri sarà sicuramente acceso, dato che già emergono le prime posizioni divergenti. I Paesi Bassi si schierano nettamente con gli USA nella guerra dei chip, valutando restrizioni nazionali all’export. Mentre la Francia, sull’onda del protagonismo del presidente Macron, vede nei chip l’ennesima occasione di rivendicare un ruolo di terza forza per l’Unione Europea.
Solo il tempo ci dirà quale tra le posizioni riuscirà a prevalere. Intanto, a fronte di uno scenario globale incerto, l’Europa muove un passo verso l’indipendenza del proprio sistema economico negli anni a venire.
Riccardo Raspanti
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