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Consiglio Europeo: tra negoziati e indecisione, i cittadini attendono risposte.

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Il consiglio europeo del 19 giugno si è tenuto per avvicinare le posizioni sul cosiddetto Recovery Fund. I leaders degli stati membri hanno anche discusso lo stato della trattativa sul Withdrawal Agreement del Regno Unito, sulla proroga delle sanzioni alla Russia e sulla proposta per il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027.

Il fondo per la ripresa verrà inquadrato proprio nel prossimo QFP. Sul nostro sito abbiamo già parlato della proposta spagnola[1] e di quella franco-tedesca[2]: quest’ultima, in particolare, ha ottenuto l’immediato consenso di ventidue dei ventisette paesi membri.

Ma sono quei cinque stati che si oppongono al fondo, così come proposto, a fare la differenza. In realtà solo quattro di loro (Austria, Olanda, Svezia e Danimarca) si sono schierati decisamente per il “no”, sollevando obiezioni sia sulla dotazione del Fund, sia sulla modalità di erogazione. Un netto rifiuto è stato opposto alla possibilità di includere lo strumento dei grants (trasferimenti), ed è stato richiesto di concentrarsi sui prestiti. A spalleggiare la coalizione dei “paesi frugali” c’é la Finlandia del primo ministro Sanna Marin, che ha mantenuto un atteggiamento ondivago rispetto al fondo e l’Ungheria di Viktor Orbàn, che ha però rapidamente ritrattato la sua opposizione.

Come può un gruppo ristretto di paesi bloccare il processo legislativo così facilmente? Le ragioni sono due. La prima è che le questioni relative alle finanze dell’Unione richiedono il voto unanime di tutti i membri: tali questioni includono i QFP e le risorse proprie del bilancio UE. Il Recovery Fund, nel progetto franco-tedesco, diverrà uno strumento garantito proprio dal bilancio della UE e inserito del QFP 2021-2027 come risposta alla crisi finanziaria che incombe sul continente. Si tratta di 750 miliardi di euro che andranno ad aggiungersi alla dotazione, già prevista, di circa 1130 miliardi del prossimo QFP. Gli stati membri hanno quindi tutto l’interesse a far valere il proprio veto, nel caso le destinazioni di spesa, gli importi o le modalità di erogazione non soddisfacessero i loro interessi.

La seconda ragione è strettamente connessa alla prima: il Consiglio Europeo è ancora l’organo predominante nel complesso meccanismo istituzionale della UE, ma è anche straordinariamente diviso al suo interno. L’incapacità di raggiungere in tempi brevi una decisione che ottenga l’unanimità e la parallela centralità del Consiglio nella vita politica dell’Unione, porta ad un deciso rallentamento dei processi legislativi comunitari.

Il Consiglio di venerdì 19 giugno è servito, nelle parole del Presidente Charles Michel, a “fare chiarezza sull’interpretazione delle proposte” e “dare subito inizio ai negoziati veri e proprio con gli Stati membri”[3]. Diciamo che la nave del Recovery Fund è ancora nel mezzo della tempesta, ma almeno dal porto le hanno acceso il faro.

Come già riportato, altre questioni sono state discusse più nel dettaglio[4]: la distorsione della concorrenza da parte di aziende operanti in Europa che ricevono sussidi dall’estero, l’aggiornamento della politica di coesione per il prossimo QFP, la Brexit, il rinnovo delle sanzioni alla Russia.

Il Recovery Fund è finito perciò in fondo alla checklist, primariamente perché non sarà il Consiglio Europeo la sede dei negoziati tra i paesi per raggiungere un compromesso. Tanto che, nella giornata di oggi, il Presidente francese Emmanuel Macron è volato in Olanda per incontrare il primo ministro Mark Rutte, uno dei più intransigenti oppositori della proposta franco-tedesca.

Per saperne di più, i cittadini europei dovranno aspettare che le divergenze vengano appianate. In un momento difficile come quello attuale, però, è necessaria una risposta il più possibile tempestiva: rimandare continuamente la decisione nuoce gravemente all’immagine dell’Europa e al benessere dei cittadini.

Commissione e Parlamento hanno messo l’accento, sin dalle prime fasi, della pandemia sull’importanza un fondo per la ripresa. Sono gli stati nazionali, ora, ad avere il dovere di trovare un accordo. Il prossimo Consiglio Europeo è previsto tra il 17 e il 18 luglio: l’intenzione è quella di portare proposte concrete per il Fund, ma non è affatto detto che un accordo venga raggiunto.

Non resta che sperare in un avvicinamento negoziale nelle tre settimane che ci separano dall’appuntamento.

 

Riccardo Raspanti

CIVITAS EUROPA - Divisione Economia

 

 

Note:

[1] Proposta spagnola: https://civitaseuropadoteu.wordpress.com/2020/05/04/recovery-fund-in-attesa-del-vertice-del-6-maggio/

[2] Proposta (iniziale) franco-tedesca: https://civitaseuropadoteu.wordpress.com/2020/05/23/una-settimana-decisiva-la-proposta-franco-tedesca-e-il-futuro-del-recovery-fund/

[3] Osservazioni del Presidente Michel - 19/06/2020: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/06/19/remarks-by-president-charles-michel-after-video-conference-of-the-members-of-the-european-council-19-june-2020/

[4] I documenti consultati sono raccolti nel registro digitale del Consiglio Europeo: https://www.consilium.europa.eu/en/documents-publications/public-register/

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