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Brexit, il ritorno allo splendido isolamento del Regno Unito

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L'indole britannica non è mai stata pienamente europea: non lo era al tempo dei romani e non lo è neanche oggi. La Manica che divide il Continente dalla Gran Bretagna segna letteralmente uno spartiacque fra due culture così interconnesse ma così distanti. Dal modo di concepire il diritto, alle unità di misura, all'organizzazione dello Stato, il Regno Unito rappresenta un modello assolutamente unico da quasi tutti i punti di vista.

"Viene definito splendido isolamento un periodo, nella seconda metà del XIX secolo, durante il quale la politica estera della Gran Bretagna venne improntata ad evitare qualunque coinvolgimento diretto negli affari europei per dedicarsi allo sviluppo della potenza coloniale Imperiale."

Il governo britannico è sempre stato incline ad avere un piede sul Continente da poter togliere celermente al momento più propizio per poi rimetterlo non appena i venti cambiassero.

Entrata col presupposto di godere dei vantaggi del mercato unico, Londra ha fin dal suo ingresso cercato di azzoppare il progetto europeo, opponendosi a qualsiasi tipo di integrazione politica e monetaria, puntando esclusivamente a godere dei vantaggi e spalmando le responsabilità a livello comunitario. Un atteggiamento simile a quello adottato oggigiorno da Paesi Bassi e dalla Lega Neo Anseatica.

La Brexit quindi, per quanto possa sembrare un evento sui generis se decontestualizzato, ricollocandola nella storia delle relazioni di Londra con il Continente rientra invece perfettamente come la tessera di un mosaico.

Ma il contesto cambia e per quanto i fenomeni politici facciano sempre capo alla natura umana determinando un “eterno ritorno” gli scenari mutano e di conseguenza anche i fenomeni. Con l’evolvere della tecnologia e di conseguenza della cultura e di riflesso delle istituzioni, non sempre la storia può essere reiterata seguendo gli stessi percorsi. Per questo, per quanto la Brexit possa rientrare nella storica ambivalenza d’Oltremanica, è davvero possibile presupporre una tale retrocessione priva di conseguenze?

Nessun atto politico è di per sé impossibile, ma che un atto politico non abbia conseguenze invece lo è. Quali sono  quindi le conseguenze della Brexit?

Ripercorreremo insieme la Brexit dalle prime analisi.

 

Brexit, la disgregazione del Regno Unito (2018)

Prendiamo in considerazione due aspetti: il vantaggio europeo e la disgregazione del Regno Unito.

Il vantaggio europeo. L’uscita del Regno Unito non ha innescato la fuoriuscita di altri Stati membri. Gli elettorati europei  hanno preferito optare per forze europeiste. Infatti, le elezioni europee del 2019 non hanno visto lo sfondamento degli schieramenti euroscettici.

Ora che Londra è fuori dall'Unione occorre chiedersi: a noi conveniva tenerci il Regno Unito?

La risposta è no. Stiamo parlando dello Stato che più di ogni altro ha messo clausole su clausole per mantenere ferma la propria sovranità ed impedire il processo di integrazione: mancata unificazione monetaria, mancato accoglimento dei flussi migratori, mancato appoggio per la creazione di un apparato militare e di intelligence comune, mancato appoggio all'autonomia europea dall'influenza statunitense. Il Regno Unito versava contributi allo scopo di restare nel mercato unico e godere dell’abbattimento delle barriere doganali senza però assumersi tutti i doveri che gli altri Stati membri si sobbarcavano.

Escludendo i tantissimi problemi di legittimità legati all’Unione, senza il Regno Unito, l’Europa ha un peso in meno nel suo percorso di integrazione.

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Regno Unito: le sfide fra Occidente ed Europa  (2018)

Il progressivo isolamento auto-inflitto del Regno Unito sta portando fra le massime priorità dell’agenda di Downing Street la necessità di riacquistare una posizione imprescindibile sul campo internazionale.

La posizione imprescindibile è quella che Putin ha ottenuto per la Russia in 20 anni di duro lavoro, che Erdogan sta ottenendo con gli interventi militari in Siria e Tripolitania e che gli Stati Uniti si sono guadagnati intervenendo nelle guerre mondiali. L’imprescindibilità è dunque quella caratteristica che obbliga gli altri attori internazionali a tenere in vincolante considerazione le posizioni e la volontà del Paese in questione.

Uno Stato come il Regno Unito non può accettare di essere privo di questa imprescindibilità, anche perché rischierebbe di perdere tutto il potere negoziale, ergo perdere tutti quei vantaggi derivati dalla sua posizione di dominio ex-coloniale. Il Regno Unito ha vitale bisogno di questo potere internazionale, senza il quale verrebbe lentamente risucchiato nell’oblio.

Una volta svelata questa necessità, il punto della analisi verte quindi non sul “se” ma sul “come”, cercando quindi di capire quale sarà il modo che il Regno Unito utilizzerà per aumentare la propria imprescindibilità.

Ipotesi 1. Cercherà di reintrodursi nuovamente del progetto europeo, questa volta molto probabilmente senza avere diritto a tutte le clausole e ai trattamenti esclusivi che gli erano stati riservati finora. Una simile strada sarebbe una vera sconfitta morale sia per i brexiteers ma anche per il Paese intero, in quanto il Regno Unito dovrà rientrare col capo chinato finendo in una situazione, senz’altro migliore di quella attuale, ma peggiore rispetto a quello che aveva prima del referendum sulla Brexit.

In questo caso all’Europa spetterà il dovere di definire chiaramente la relazione con il Regno Unito, obbligandolo ad accettare le riforme strutturali, altrimenti si ripresenterà uno status quo simile a quello precedente (che non gioverebbe né alla Gran Bretagna, tanto meno al processo integrativo europeo).

Ipotesi 2. La Gran Bretagna tenterà una ardua mossa, alzando di molto la posta, ed entrando autonomamente e nel mercato africano e asiatico, tenendo un basso profilo nei confronti degli alleati occidentali, cercando però di superarli infilandosi nei mercati emergenti. Così facendo otterrà un peso dominante diretto in tutte quelle economie che vedranno il proprio apice fra qualche anno. Questa è l'ipotesi meno probabile, tuttavia è quella che garantirebbe meno fratture interne fra gli alleati occidentali.

Ipotesi 3. Si farà paladina della NATO, troverà un nemico esterno (la Russia e la Cina) e si conformerà alla politica estera americana.  Quali contro-effetti porterà però una scelta strategica del genere?  Questa scelta, che è la più probabile, porterà molto probabilmente nel lungo termine a rimpicciolire le distanze atlantiche ma ad aumentare invece le distanze dal Continente, in quanto, se progredirà il processo di  unificazione europea, l'Unione  un giorno  dovrà munirsi di un proprio esercito e di una propria politica estera sovrana che si vedrà sempre più contrapposta agli interessi atlantici. Inoltre, questa ipotesi, renderà il processo di unificazione europeo molto più rischioso, in quanto o l’Europa sarà in grado di rispondere tempestivamente, oppure la Brexit potrà davvero segnare un inevitabile declino  Europeo in favore di un sfaldamento interno e un assorbimento atlantico.

Inoltre, tale distanza dal Continente esacerberà il conflitto in Irlanda del Nord, portando molto  probabilmente a un iniziale conflitto interno alla repubblica irlandese per via del confine con l’Ulster. Il che, molto probabilmente, darà una enorme spinta a una graduale dissoluzione del Regno Unito in cui la Scozia chiederà nuovamente l’indipendenza e farà domanda per entrare nel mercato unico.

La situazione irlandese potrebbe rimanere stabile, solo qualora il processo integrativo europeo prenda due velocità e l’Irlanda scelga di fare parte della fascia più lenta dell’Europa, cioè quella che si integra il meno possibile per mantenere il più calmo il confine con Belfast.

La seconda ipotesi, per quanto azzardata, potrebbe essere l’unica che possa delinearsi come pax romana, in cui ognuno bada tendenzialmente al proprio senza esacerbare la rivalità.

Le tre variabili determinanti affinché si possa verificare la prima, la seconda o la terza ipotesi, sono ovviamente le scelte attuate dall’Unione, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito.

In poche parole, Macron, Trump e Johnson hanno il destino di un intero emisfero nelle proprie mani.

Questo ritorno alla logica dell’anglosfera col conseguente allargamento della Manica si è visto in questi giorni, con il governo britannico che sembra intenzionato a bandire la multinazionale cinese Huawei dalla costruzione delle reti 5G, allineandosi così alla linea dura di Washington nei confronti del colosso cinese.

ready for war

Disgregazione del Regno Unito. Il tema delle ripercussioni della Brexit sull'integrità politica del Regno Unito è molto importante e merita di essere approfondito.

Il risultato del referendum del 2016 mostrò una chiara divisione. Mentre Inghilterra e Galles votarono per la Brexit, Scozia e Irlanda del Nord furono favorevoli al Remain.

Gli eventuali effetti della Brexit sull'integrità politica del Regno si palesaranno nelle due nazioni celtiche, ovvero Scozia e Irlanda del Nord.

Entrambe hanno dei governi locali, risultato della devolution concessa da Londra. Mentre l'Irlanda del Nord finora non ha manifestato chiare intenzione indipendentiste, lo stesso non può dirsi della Scozia la quale, nel 2014, tenne proprio un referendum sull'indipendenza, vinto dai sostenitori della permanenza nel Regno Unito. Il governo scozzese, attualmente guidato dallo Scottish National Party, ha sempre espresso a chiare lettere  la sua contrarietà alla Brexit e Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, è intenzionata a inidre un secondo referendum sull'indipendenza.

Lo Scottish National party è il principale partito scozzese. Esso è nazionalista, fortemente europeista e persegue l'indipendenza. A conferma del suo dominio, alle elezioni britanniche del dicembre 2019 il partito della Sturgeon ha conquistato 48 dei 59 collegi scozzesi, 13 in più di quelli conquistati alle elezioni britanniche del 2017.

Per quanto riguarda l'Irlanda del Nord la questione è delicata perché in quel paese rischia di riaccendersi il violento conflitto che per decenni ha contrapposto i fautori della permanenza nel Regno Unito ai sostenitori dell'unione con la Repubblica d'Irlanda, che si rese indipendente da Londra all'inizio degli anni Venti dello scorso secolo. Quella del confine irlandese è la questione più delicata riguardante la Brexit, in quanto è quella che rischia maggiormente di compromettere l'integrità del Regno Unito.

La situazione oggi, da May a Johnson.

Dopo un continuo oscillare di proposte e controproposte, di veti e opposizioni, alla fine la Brexit ha messo in evidenza quanto era già palese il giorno del referendum: il Regno Unito ha oggi meno sovranità di quanta ne avesse durante la sua permanenza nell’Unione Europea.

Questo è dato da diversi fattori, fra cui le logiche internazionali che stanno spingendo Londra sempre con più prepotenza sotto l’influenza di Washington limitandone quindi il raggio di azione sovrana. Ma andando più nello specifico, oltra alla suddetta logica che si attua ad ogni soggetto internazionale a prescindere dalla Brexit, il Backstop irlandese è la vera chiave del principio di dissoluzione del Regno Unito.

Stando ai documenti attuali, l’accordo prevede una inamovibilità della UE sul Backstop irlandese.

Cos’è il Backstop? Il Backstop è un protocollo sulla situazione di confine fra i due unici punti di contatto terrestre fra Unione Europea e Regno Unito: il confine fra Repubblica di Irlanda e Irlanda del Nord.

Theresa May aveva cercato di fare quadrare il cerchio proponendo un accordo di uscita dall’Unione che comprendesse l’area dell’Irlanda del Nord come una continuazione dell’area doganale Irlandese, quindi uguale a quella dell’Unione Europea essendo quest’ultima membro. Ma il DUP oppose il proprio veto a una scelta che avrebbe spaccato il Regno in due. Il DUP è composto dagli unionisti Nord Irlandesi, i quali a maggioranza inglesi emigrati nell’Ulster, non intendono incrinare in nessun modo i rapporti con Londra.

Boris Johnson, succeduto alla carica di Theresa May, si pronunciò per una Hard Brexit, che non tenesse conto della realtà politica dei fatti. Infatti, fu solo un proclamo e poco più. Anche Johnson si è dovuto rassegnare a una forma di disparità interna dovuta al Backstop imposto da Bruxelles, a cui Londra non può prescindere. Londra non può prescindere dall’avere rapporti col continente e non può prescindere dal porre le basi per un confine violento con la Repubblica d’Irlanda che trascinerebbe i due paesi in guerra nel peggiore dei casi e nel migliore dei casi farebbe sì che il Nord Irlanda venga annesso al resto della Repubblica, incentivando tra l’altro Edimburgo e Cardiff a porre in essere azioni politiche volte ad un sempre maggiore distanziamento dalla Corona.

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Irish Backstop. Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord

Secondo i documenti ufficiali della Camera dei Deputati italiana, le disposizioni relative al confine tra Irlanda del Nord e Irlanda, contenute nel protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord prevedono che dopo il periodo transitorio (fino al 31 dicembre 2020, ma prolungabile su accordo tra le parti una sola volta, per un periodo massimo di altri due anni) l'Irlanda del Nord rimanga per 4 anni allineata agli standard europei per quanto riguarda la legislazione sulle merci, le norme sanitarie e fitosanitarie ("norme SPS"), le norme sulla produzione/commercializzazione dei prodotti agricoli, sull'IVA e sulle accise sulle merci e le norme in materia di aiuti di Stato, mentre a livello doganale resterà parte del territorio doganale del Regno Unito. Al termine di tale periodo di 4 anni, l'Assemblea dell'Irlanda del Nord potrà decidere se mantenere di volta in volta in vigore tale regime oppure no per altri 4 anni (a maggioranza semplice) o per altri 8 anni (con la maggioranza "cross-community" cioè di tutte e due le comunità dell'Assemblea dell'Irlanda del Nord, quella unionista e quella nazionalista).  Nel caso in cui l'Assemblea parlamentare dell'Irlanda del Nord si esprima contro il proseguimento di tale regime, le disposizioni del Protocollo continueranno comunque ad applicarsi per altri 2 anni. Nel caso in cui l'Assemblea parlamentare non fosse, invece, in grado di deliberare, si continuerebbero comunque ad applicare le disposizioni del Protocollo.

Al fine di evitare controlli doganali tra Irlanda e Irlanda del Nord, tutte le merci che entrano nel territorio dell'Irlanda del Nord saranno soggette al codice doganale dell'UE, ma i dazi doganali europei si applicheranno alle merci in ingresso dal Regno Unito o da Paesi terzi nell'Irlanda del Nord solo se tali merci rischiano di entrare nel mercato unico dell'UE. La valutazione del sopracitato rischio delle merci in transito in Irlanda del Nord sarà affidata ad un Comitato misto EU-Regno Unito (Joint Commitee). Nel caso in cui il dazio doganale europeo sia superiore a quello del Regno unito è previsto un sistema di rimborso da parte del Regno Unito agli operatori dell'Irlanda del Nord. I controlli sul rispetto del diritto dell'UE per le merci in ingresso in Irlanda del Nord da altre parti del Regno Unito saranno esercitati dalle autorità del Regno Unito con un meccanismo di supervisione da parte dell'UE. In materia di IVA viene stabilito che sarà l'autorità britannica (HMCR) a modificare le aliquote del proprio sistema in Irlanda del Nord per allinearle a quelle europee relativamente ai soli beni, e saranno le autorità britanniche responsabili della riscossione dell'imposta. Inoltre, esenzioni e aliquote ridotte in vigore in Irlanda potranno essere applicate anche in Irlanda del Nord al fine di "evitare distorsioni" del regime fiscale sull'isola irlandese.

Se pero’ un accordo commerciale non può essere raggiunto, o se una soluzione tecnologica non emerge, il backstop entrerà in vigore. Questo manterrebbe il Regno Unito, tra cui le due Irlande, in un unico territorio doganale con l'UE e lasciando l'Irlanda del Nord nel mercato unico europeo delle merci. Ciò significa che le merci che arrivano in Irlanda del Nord da altre parti del Regno Unito NON sarebbero soggette a controlli doganali o standard di prodotto. Queste disposizioni si applicherebbero a meno che e fino a quando sia l'UE che il Regno Unito non le reputeranno più necessarie.

Un pezzo del Regno Unito sarà dunque soggetto alla giurisdizione Comunitaria, minandone così l’integrità territoriale sovrana.

“Checks and controls will take place on goods entering Northern Ireland from the rest of the United Kingdom, for example on food products and live animals to ensure adherence to sanitary and phytosanitary (‘SPS’) requirements. All goods entering or leaving Northern Ireland must fully comply with relevant Union rules and standards.

In accordance with this Protocol, Northern Ireland will remain aligned to a limited set of Union rules, notably related to goods, and the Union Customs Code, VAT and excise rules will apply to all goods entering or leaving Northern Ireland. This avoids any customs checks and controls on the island of Ireland.”

Ma anche qualora il Backstop non fosse posto in essere, quale sarebbe stata l’alternativa? Considerando l’ipotesi che Londra avesse forzato la mano con Bruxelles, imponendo quindi una cortina di ferro fra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord, i risultati sarebbero per ovvi motivi stati ben peggiori. Disordini al confine, ritorno alle armi, chiusura del mercato e degli scambi col continente il tutto in una spirale di incertezza che i nemici dell’unità nazionale del Regno Unito avrebbero comunque sfruttato. Pare quindi ovvio che fra i due mali, per Londra, accettare il Backstop sia stato il male minore che però già in sé pone in essere le fondamenta per un Regno Unito assai depotenziato che non potrà più sedere al tavolo dei forti e dovrà arrangiarsi con tensioni interne sempre maggiori, una sovranità limitata e una corsa internazionale per aggiudicarsi un posto al sole sotto l’egemonia di un’altra potenza che non sia Bruxelles. In questo, gli USA, l’India e la Cina stanno ponendo una competizione sfrenata per aggiudicarsi le grazie di vostra maestà.

CIVITAS EUROPA

Divisione Relazioni internazionali – Dr. Alessandro Verdoliva

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