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1971-2021: a cinquanta anni dalla fine del Gold Standard, cosa è cambiato? Parte 1

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Cinquanta anni fa, nel ferragosto del 1971, nel pieno della guerra in Vietnam, il presidente statunitense Nixon compì una controversa mossa politica che segnò il destino della politica monetaria mondiale ridefinendo il ruolo deli USA nel mondo. L’abolizione della parità aurea, Gold Standard, dollaro-oro fu una mossa particolarmente discussa i cui effetti sull’economia mondiale furono evidenti e tangibili: da molti applaudita come necessaria da altrettanti aspramente criticata.

Per comprenderne appieno le ragioni è necessario compiere un salto indietro al secondo dopoguerra, negli anni ’50 del Novecento, per analizzare innanzitutto quali furono le condizioni che resero necessaria l’adozione della parità aurea.

La fine della seconda guerra mondiale spostò definitivamente il baricentro del mondo sul versante occidentale dell’Atlantico e gli Stati Uniti si ritrovarono, da potenza emergente, a diventare in breve tempo una potenza egemone la cui sussistenza in quanto tale non poteva prescindere da un controllo strutturale della nascente globalizzazione economico-finanziaria.

Gli anni successivi furono anni di ricostruzione e di investimenti massicci in uno scenario in cui il protezionismo Otto e Novecentesco dovevano lasciare il posto a un nuovo ordine economico. Oltre alla necessità di superare il protezionismo, alla base degli Accordi di Bretton Woods, che vedremo a breve, vi era l'esigenza di contrastare l’impasse creato dalla ricorrente svalutazione dei tassi di cambio per ragioni competitive (strategia fallimentare che generò un crollo delle entrate domestiche con conseguente recessione post-bellica e disoccupazione) e dalla scarsa/nulla collaborazione tra paesi in materia di politiche monetarie.

In un contesto di caos monetario, si concretizza la necessità di creare un ordine mondiale liberale ma regolamentato, a trazione americana.

Cos’è la parità aurea?

Da una Conferenza tra le grandi potenze nel New Hampshire (USA) del 22 Luglio 1944, nacquero gli accordi di Bretton Woods, volti a creare, per l’appunto, un sistema di regolazione dei cambi internazionali per governare i futuri rapporti economici e finanziari.

Esso si poneva gli obiettivi di: A) Stabilizzare i tassi di cambio rispetto al dollaro; B) Eliminare gli squilibri dei pagamenti internazionali, venne così introdotto un sistema di convertibilità dollaro-ora, con un cambio fisso di 35 dollari/un’oncia d’ora. Nasce il sistema aureo.

L’emissione dei dollari non era arbitraria ma avveniva in rapporto alle riserve auree detenute dal Tesoro, considerando il dollaro come unica moneta convertibile.

Gli altri Paesi, a loro volta, erano vincolati ad una politica monetaria legata al dollaro, che prevedeva la possibilità di stampare moneta esclusivamente in proporzione alla quantità di oro posseduta e consentiva a tali valute solo oscillazioni lievi; in questo modo gli Stati contraenti erano agganciati al dollaro, eletto a valuta principale e quindi di riferimento per gli scambi, a sua volta legato all’oro. Il regime a cambi fissi fu ritenuta l’unica soluzione in grado di evitare eccessivi movimenti di capitale e, pertanto, di speculazioni.

Da sottolineare come, le politiche svalutative potevano essere attuate solo previa approvazione del Fondo Monetario Internazionale, istituto sovranazionale nato in seguito agli Accordi.

L’FMI infatti, vigilava sulla stabilità monetaria e aveva la facoltà di concedere prestiti agli Stati in difficoltà finanziaria o, viceversa, di prendere a prestito da un determinato Paese la cui valuta diventava scarsa.

Ciò comportava che le politiche monetarie espansive dei paesi del terzo mondo fossero accompagnate da un indebitamento.                                                                                                                                Per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, venne istituita la Banca Mondiale, affiancata al FMI, con lo scopo di finanziare specifici progetti per i Paesi in via di sviluppo, e il GATT (futuro WTO), per liberalizzare il commercio internazionale.

Il sistema rimase in vigore 27 anni e costituì il pilastro della globalizzazione economica, andando a tessere un mercato libero ma regolato e permettendo alle economie che lo adottarono di realizzare una crescita e uno sviluppo mai sperimentati in passato. Il nuovo assetto, infatti, riuscì anche a controllare conflitti economici e a realizzare obiettivi comuni degli Stati, rivelandosi efficace fino all'inizio degli anni '70.

Quali furono le condizioni che resero obsoleto e inefficiente il Gold Standard?

Un cambio di scenario rese insostenibile la vita del sistema. Con l'espansione della spesa pubblica americana, dovuta sia all'importante impegno nella guerra in Vietnam, iniziata nel 1955 e protrattasi per vent'anni, sia al sostentamento del piano di Welfare di Nixon, le riserve auree oramai diventavano scarse e il vincolo di 35$/1 oncia d'oro rendeva difficoltosa la gestione di tutte le esigenze.

Oltre alle necessità interne, gli USA stampavano moneta per collocarla anche nel resto del mondo, esportando, in questo modo, una valuta ormai inflazionata a causa di un eccesso di liquidità e negli anni presero piede i dubbi che gli americani potessero davvero far fronte a tutte le richieste di conversione.

Per contrastare il deficit, la banca centrale statunitense, la FED, decise di aumentare i tassi d'interesse e nel 1971 venne annunciata l'insostenibilità da parte del Tesoro americano di sopravvivenza nel sistema.

Il Presidente Nixon, infatti, approvò una legge che sospendeva l'obbligo per la Federal Reserve di conversione dollaro/oro al rapporto fisso stabilito a Bretton Woods; si procedette poi alla svalutazione del dollaro, con la conseguente interruzione del legame tra il dollaro e le altre monete, sancendo il passaggio dal cambio fisso ad un regime di cambi flessibili e consentendo, pertanto, ai cambi stessi di fluttuare e riportare l'equilibrio naturalmente.

Fu raggiunto, nello stesso anno, un accordo tra i membri del G10, il cosiddetto Smithsonian Agreement, per rimediare al caos monetario dovuto alla fine del sistema. Venne, così, infranto il sogno di poter disporre di un'unica e relativamente stabile moneta per gli scambi internazionali, correlata all'economia di un solo Paese.

Internamente, negli Stati Uniti venne attuata una politica di congelamento dei salari e dei prezzi per controllare l'inflazione. Le organizzazioni internazionali nate con il sistema aureo - BM e FMI - sopravvissero al collasso del sistema stesso, seppur attraverso una ridefinizione degli obiettivi, mentre il GATT passò a WTO.

 

Nella seconda parte analizzeremo quali furono le ripercussioni nel breve e nel lungo periodo dovute all’abolizione della Parità aurea soprattutto sul versante europeo e in particolare su quello italiano.

 

Per Civitas Europa – Divisione Economia

Dott.ssa Lucia Truzzu

Co-redattore Dott. Alessandro Verdoliva

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